La bellezza del package è seconda soltanto alla bellezza del disco. Ekman lo conosciamo bene, in poche mosse ha scardinato l’electro piazzandosi al centro da protagonista. La Solar One Music è una delle nostre label preferite, e anche questo non è un mistero, ma d’altronde non possiamo fare un dramma se ogni loro uscita è quanto di più avveniristico possiate ascoltare.
Questa volta ci stupiscono con un cofanetto in legno confezionato con una passione unica, un oggetto da collezione stampato in sole cento copie. Affrettatevi, lo dico per voi.
Ekman fa il diavolo a quattro aprendo con un dramma dal sapore horror/acid con arpeggi profondi che si stagliano sulla batteria elettronica ricordandoci che la trama nella musica electro è sempre stata un fattore fondamentale nella stesura dei brani.
Nel secondo pezzo, “Cosmic Acceleration” torna a parlare un linguaggio futuristico, anche se qui il concetto è legato a doppio filo con una concezione retrò nelle atmosfere, un linguaggio astratto, visionario, come se una navicella aliena fosse atterrata sul pianeta quarant’anni fa.
“The Vacuum” è l’interpretazione scientifica di questa visione, un’analisi accurata dell’elemento sonoro che regala ancora una suggestiva ambientazione electro per menti prive di barriere. “Phantom Energy” è la notte che si fa strada, un brano profondo che parte da una stringa sconnessa e da un rumore di fondo non identificato per poi aprirsi in un groviglio analogico dal sapore quasi jazz, quel jazz cosmico capace di sconvolgere la mente.
“Frequency is Matter” riparte proprio da quelle strambe frequenze per entrare in un nuovo mantra dove entra in gioco l’elemento vocale, sprazzi di ritmo ed un’inquietante melodia retro futuristica.
“Nasty Infinity” riprende una connotazione se vogliamo più classica con il suono di una tastiera a modellare un’acida melodia mentre intorno la programmazione ritmica lavora molto di mestiere. Questo è il punto del disco nel quale il suono sembra in qualche maniera incattivirsi, la successiva “Schwarzschild Radius” entra proprio in quell’ottica electro da viaggio interstellare, con i synth a lavorare grasse melodie e la batteria elettronica a tuonare dal basso.
“Missing Satellite Problem” è una luce nella notte, una serie di lampi tornano ad illuminare la via in un brano dal basso profilo che si avvicina più a canoni ambientali che non electro, e forse per questo ricco di un fascino particolare. Sul finale le stramberie cosmiche di “Ergosphere”, un saliscendi sonoro che subisce l’influenza di certa elettronica sperimentale del decennio ’70, soprattutto per l’utilizzo di quei suoni acquatici che nel periodo pre-cosmico hanno fatto scuola soprattutto in Germania.
E’ raro ancor prima d’esser terminato. Cercate di farlo vostro.