La Silent Season è ancora quella bella label che riserva ai suoi dischi il meglio delle atmosfere deep electronic intrise d’ambient e dub. E’ naturale che dopo oltre quaranta release sul tema qualcosa possa risultare meno incisivo, ma secondo me bisogna considerare anche un altro parametro, quello qualitativo, mai sotto misura in nessuno dei dischi da loro pubblicati. La Silent Season è canadese e professa un solido rapporto con la natura riscontrabile nella narrativa degli album pubblicati, dischi perfetti per sonorizzare paesaggi naturalistici rimirati perlopiù in autunno ed inverno.
Con questo Returning To Essence ad opera del polacco Adam Michalak l’impressione è quella di una ritrovata musicalità, oltre che di un’apertura maggiore verso suoni di stampo leggermente diverso, più puliti, limpidi, oltre che maggiormente sfrontati in fatto di grooves.
A dire il vero l’album parte con un suono molto in linea come quello contenuto in “Long Morney”, brano che presenta la classica evoluzione da fumate ambient a deep techno molto soft. “Dense Fog” la segue in scia, immaginatela dal titolo e sarete vicini al suo essere, però già dei piccoli segnali: una cassa leggermente pronunciata in entrambe ed il suono della chitarra sulla seconda, che entrando sopra la base costituita da nebbie, fa il suo gran effetto.
Ma è sul terzo brano che si compie il miracolo. In “Rusty Leaves” Michalak cambia completamente registro gettandosi a capofito in quelli che sembrano i suoni di un Buchla o di un Synthy E.M.S., insomma, qui troviamo una serie di cristalli sonori catturati nella loro essenza e messi in campo insieme ad un basso assassino e ruvino e ad una cassa profonda come l’oceano. Pochi elementi ma tenuti insieme con la grazia di Dio che vanno ad incrociare uno dei migliori grooves dell’anno in fatto di techno.
“Candle” è un crescendo ambient/techno che lascia risuonare frequenze notturne inasprite da piccole scariche elettriche fino all’ingresso di una sostanziona partitura ritmica fatta di grandi tamburi africani e piattini in contraccolpo, otto lunghi minuti di pathos.
“Sparkles” è il classico intermezzo ambient composto di tappeti a grana fine e note di tastiera in lontananza, il tutto inspessito da tessiture elettroniche ben raffinate. “Evening Lantern” se vogliamo è un brano ancor più complesso, qui Michalak fa il gran lavoro scrivendo una suite dub techno infarcita di quei cristalli che avevamo trovato su Rusty Leaves, ad uscirne fuori è una techno dal ritmo serrato e rotondo che ci grazia con una tela intricatissima di suoni, strati e melodie. Un brano veramente notevole.
“Shadowly Horizon” entra diretta in foresta con il suo groviglio di synth e microsuoni che riproducono suggestive sensazioni naturali. Il groove sempre spinto a dovere, con un basso molto vibrante e profondo ed altri elementi ritmici che lasciano intendere etnie africane.
In chiusura ci riserva dieci minuti in dub techno con ancora la chitarra protagonista. “Immersed In Dreams” è un brano corposo che necessita di volumi altissimi per liberare tutte le frequenze e le micro variazioni delle quali è composto.
Visto l’autunno che sembra ormai alle porte, questo di Michalak è il miglior benvenuto che la fredda stagione poteva augurarsi.