Mancavano all’appello dal 1998, e il nostro subconscio aveva accettato l’idea di ascoltare all’infinito quei due imprescindibili gioielli che sono stati Every Man And Woman Is A Star e United Kingdoms, segni indelebili scalfiti nella roccia di una magia verificatasi nei primi anni ’90 in Inghilterra. Gli Ultramarine riuscirono con una grazia senza pari ad interpretare il flagello Acid House e riproporlo in un’opera rinfrancata dai colori pastello della musica folk, dalle melodie malinconiche, da un’infinita serie di brani per i quali l’unico aggettivo possibile è magici.
Di fronte ad un passato simile, ogni umile uomo cessa di avanzare pretese, queste reunion dopo 10 anni ce le saremmo tutti evitate, poi c’è da dire anche che in fatto di musica siamo al collasso, sono tornati tutti, ma proprio tutti.
Avremmo quindi detto che con gli Ultramarine stavamo a posto così. Due diamanti incastonati nella storia. La notizia del loro ritorno sulle scene l’abbiamo presa con le pinze, un rigagnolo di sudore freddo a solcare la schiena.
Timori infondati, gli Ultramarine sono di nuovo tra noi, con un album solido come il marmo, dieci brani che è bene dirlo, ci riportano dietro nel tempo. Ma forse non è neanche giusto metterla così, ci sono dei suoni, delle strutture, delle melodie che semplicemente sono state abbandonate dall’odierno sistema musicale, e che quindi tendiamo ad attribuire al passato, ma sono in realtà suoni che mancano e che quando tornano a farsi vivi regalano emozioni e sensazioni positive.
This Time Last Year è il titolo di questo grande ritorno, un disco che nasconde grandi perle che vanno dai toni jazzy di “Eye Contact” alle sospensioni vocali di “Find My Way”, le fantastiche atmosfere downtempo di “Decoy Point” o ancora le variazioni tonali di “Sidetracker”. Un numero deep quasi onirico in chiusura, con “Imaginary Letters”, un affondo ritmico pregno di synth sulla precedente “Even Then”, un numero ambient col piano vibrato ed i synth in crescendo come “Whithin Reach” e tutto intorno tanto, tanto amore.
Lo ascolti e poi lo mandi in play di nuovo, ogni volta un nuovo particolare, una soluzione così gradevole da farti venir rabbia, molto è andato perso, la costruzione dei brani elettronici mostra sempre meno questa predisposizione al cambiamento, si ragiona su binari sicuri, non si va oltre, non si regalano emozioni libere ma viene tutto chiudo in gabbie metalliche. Ovviamente il bello non è soltanto qui, ma questa bellezza ci mancava davvero.