“Destroying Infrastructures/We Are Invisible”
Potrebbe passare inosservato, ma il verso citato qui sopra di “Infrared Kommando” vale più di tante spiegazioni.
NATO-Uniformen viene rilasciato nel 2010, il mese non saprei dirlo. Sandwell District, per fare un nome a caso in quella zona di incubazione postmoderna di industrial, noise e techno, pubblicò Feed-Forward a cavallo con il 2011. La Blackest Ever Black era appena nata. Eravamo in piena ondata hypnagonic-pop. Kris Lapke, nella cripta della Hospital Productions, è conosciuto ai più come Alberich ed è una delle figure chiave nelle viscere dell’heavy electronics statunitense, oltre che essere il mastering engineer che passa al setaccio ogni uscita di Fernow e soci.
Premessa necessaria ad inquadrare un personaggio troppo spesso lasciato all’ombra (non solo quella vaticana) in un mondo, quello noise, o industrial, o heavy electronics (a voi scegliere la frangia giusta) che ha sdoganato nuovi linguaggi e soluzioni senza però ritrovare mai l’urgenza degli albori.
Il verso iniziale, vi dicevo: disagio, alienazione, nichilismo tutti compressi in una manciata di minuti tra sferragliate techno e delay distorti. Ma non solo. Sono 19 le tracce selezionate dalle 30 inizialmente pubblicate nel fatidico cofanetto ma NATO-Uniformen rimane comunque un lavoro mastodontico e di difficile assimilazione: impossibile non essere rapiti dalla sua progressione, mai scontata. Credo ci sia anche stato un malinteso con il passato recente di certi acts industrial: dove le nuove leve sfruttano una sudicia visione di un immaginario apocalittico e decadente ed una altalenante commistione di ritmi su basse frequenze, le atmosfere della musica di Alberich sono invece più riconducibili a sentimenti come celebrazione ed isolamento; spesso strane sinfonie oniriche spezzano la furia di bozzetti techno e svaniscono senza preavviso.
Oppure strani rimbalzi rumoristici crescono senza arrivare senza da nessuna parte, lasciando solo un senso di affascinante disorientamento.
L’ennesima grande uscita della sempre prolifica label di Dominick Fernow, che chiude un anno di sperimentazioni riuscite (Alessandro Cortini e l’ultimo Function/Vatican Shadow) ed eccellenti conferme dalla sua base newyorkese.