Crepitii analogici, evocazioni pastorali, note per audiovisivi mai realizzati. Un trademark inconfondibile che non può che tradursi con la sigla Boards Of Canada. L’ordinato cortocircuito sonoro tra passato e presente, progettato da Michael Sandison e suo fratello Marcus Eoin, continua a essere oggetto di approfondimenti, dibattiti e, soprattutto, ripetuti ascolti per comprenderne l’essenza frazionata ad hoc in un pulviscolo di dettagli. La sfida è provare a coglierne nuove sfumature o, chissà, ipotizzare ulteriori risoluzioni ad alcuni enigmi che da sempre accompagnano il noto duo scozzese.
A distanza di quindici anni dalla sua pubblicazione, avvenuta il 27 novembre, appare intatto lo smalto sonoro che ricopre “In A Beautiful Place Out In The Country” (2000). Una garanzia il calibrato mix di suoni in bilico tra ambient, field recording e IDM, colonne portanti di un extended play dai toni agresti che, sul piano discografico, si colloca a metà strada tra “Music Has The Right To Children” (1998) e “Geogaddi” (2002). Spartiacque tra luce e ombra, il disco, di recente ripubblicato in vinile per appagare le nuove generazioni, codifica la summa degli stilemi dei Boards Of Canada.
“In A Beautiful Place Out In The Country”, ennesimo lavoro affidato alle lunghe mani della Warp Records, si compone di quattro tracce tanto evocative quanto oniriche, la cui carica emotiva è da reinterpretare sull’onda di una strisciante, malinconia per un tempo felice ormai esauritosi e legato alla comune infanzia dei due, trascorsa tra la Scozia e il Canada, i cui documentari del National Film Board costituiranno l’incipit per costruire la propria identità musicale sia come monicker che in termini di background tra il ricorso a numerosi campioni e il circondarsi di strumenti vintage, già propri dei loro genitori.
Un simile linguaggio compositivo, ridotto all’osso ma ricercato fino al parossismo, si riflette, ad esempio, nella semplicità accattivante dell’opener Kid For Today, poi adottata come dinoccolato theme in uno spot (2002) della casa tedesca BMW. I battiti trip hop e le contorsioni elettroniche di Amo Bishop Roden si oppongono al sereno incedere di In A Beautiful Place Out In The Country, segnato da echi, riverberi e voci di bambini che giocano all’aria aperta. Infine, la melodica conclusione Zoetrope. Ennesima lenta manifestazione di un sound elegiaco per le orecchie innocenti degli anni Zero.
L’EP non rappresenta l’apice della produzione dei Boards Of Canada ma, forse, incarna il concept meglio ordito dalle loro menti, una sorta di positiva risposta stereo all’assedio di Waco, cruenta operazione di polizia condotta negli Stati Uniti nel 1993 per espugnare un ranch nel Texas, sede della setta religiosa avventista dei davidiani, accusati da un fuoriuscito di possesso illegale di armi, abuso di alcool e droga e pedofilia. Un assedio durato cinquanta giorni conclusosi con il volontario incendio della comune in cui persero la vita settantasei persone, compreso il leader dell’organizzazione, David Koresh.
Tre gli espliciti riferimenti alla vicenda: le bucoliche immagini dell’artwork, tratte dalla realtà, compreso un frammento dell’occhio del controverso predicatore; il titolo di un brano, Amo Bishop Roden, dedicato alla compagna di George Roden, il precedente profeta affetto da turbe psichiche, espulso perché avrebbe compiuto atti sacrileghi sul cadavere di una defunta esponente della setta; il robotico “come out and live in a religious community in a beautiful place out in the country”, un verso della title-track filtrato da un vocoder e più volte ripetuto nel corso dei sei minuti della sua durata.
Parole affatto enigmatiche, da intendere come invito a una nuova comune o monito per il futuro, attribuite da alcuni alla stessa Amo Bishop Roden, riappropriatasi della struttura dopo il suicidio di massa ordito da David Koresh. A una prima potenziale interpretazione del disco, parallela alle prime tre tracce e connessa a una visione pacifica della vita comunitaria, potrebbe però affiancarsene una seconda, più introversa e chiusa, quasi ingannevole, prendendo in esame solo il quarto brano, la nenia Zoetrope. Un titolo che rimanda all’invenzione del matematico britannico William George Horner.
Lo zootropio, o ‘ruota della vita’ dall’unione dei termini greci ‘zoe’ (vita) e ‘tropos’ (girare), è un dispositivo ottico utilizzato per visualizzare, in rapida successione, disegni riprodotti su una striscia di carta posta all’interno di un cilindro dotato di feritoie a intervalli regolari. Uno strumento che, a causa del principio della persistenza retinica, offre continue visioni di immagini deformate, più sottili rispetto quelle reali. Un nuovo punto di partenza diviene perciò analizzare l’esperienza della setta religiosa ricorrendo alle sfocate fotografie, quadrate e in numero di tre, presenti tra copertina, interno e retro del cd.
Un uccello rapace, un arcobaleno e persino un traliccio dell’alta tensione. Innocue istantanee di vita settaria che, se collocate in uno zootropio, possono velocemente trasformarsi in qualcosa di diverso, di disturbante, per una valutazione illusoria della comunità davidiana. Emergerebbe così un sentimento di celata diffida dei Boards Of Canada verso quei culti dannosi per l’essere umano, prediligendo invece le c.d. ‘Red Moon nights’, raduni del loro collettivo Hexagon Sun, criptico riferimento in varie interviste, pronto a condividere idee creative e a celebrare spazi naturali. Un altro mistero ancora irrisolto.