La storia dietro questa riedizione di Interstate è presto detta, pare che il signor Robert Henke (ormai unico nome dietro l’alias Monolake), al momento di ripubblicare Interstate, non fosse tanto soddisfatto del suono del disco, così ha affidato i DAT originali ad un suo fidato amico, il quale, grazie anche all’aiuto di alcuni compressori e filtri analogici, nonché del mitico studio di registrazione Mastering & Dubplates, è riuscito a tirare fuori un suono ancora più oscuro, avvolgente e profondo dell’originale.
Il risultato finale, al di là dell’innegabile migliore qualità della registrazione, apprezzabile più che altro con un impianto serio, e non con le casse di casa, non fa altro che consolidare la meritata reputazione di Monolake come pioniere e innovatore di tutta la musica elettronica.
Io stesso riascoltandolo, (ormai era da parecchio che non lo mettevo sullo stereo), mi sono stupito della bellezza del disco: qui ci sono tutti i temi cari al nostro: le radici in 4/4 di stampo Chain Reaction (Tangent II), la ricerca ossessiva per la perfezione del suono, i suoni atmosferici (Amazon), elementi che poi saranno sviluppati sia con i dischi “cinematici” (Cinemascope e Gravity), sia nei recenti lavori sempre più interessati ad una ricerca sul ritmo, quali Alaska o gli ultimi remix.
Il suono e la produzione sono ineccepibili come sempre, ogni cosa è al punto giusto, né una nota di troppo né una di meno: il dub è nascosto un po’ in profondità, mentre affiorano più prepotentemente clangori metallici mescolati a rumori registrati direttamente dalla natura e poi processati, filtrati e trattati dal computer; succede così che in Amazon il canto degli uccelli si fonde e trasforma in una linea di basso, mentre in Ginza i rumori di una metropoli aggiungono inquietudine e atmosfera alla nervosa frenesia della traccia.
Su tutto dominano quei bassi profondi, ampi e spaziali, vero marchio di fabbrica di Monolake.
Per ultimo vi consiglio di fare un esperimento, provate a far ascoltare Interstate a qualcuno che non lo ha mai sentito, scommetto che sicuramente non vi dirà che sembra un disco di 8 (otto!) anni fa.