Ma soprattutto, quel che sì può ormai con certezza additare alle idee dei due, è un primordiale approccio minimale alla techno stessa.
Quello di cui stiamo parlando assunse il nome di Source records, e le vostre memorie cominceranno a veder luce alla notizia che i due amici ebbero a conoscer gloria attraverso gli pseudonimi Move D e Deep Space Network.
Negli anni, la Source records, ha così coltivato il suo orticello, riuscendo, come poche altre label, a mantenere una coerenza musicale che si è fatta contenitore tanto dei principi base della techno tradizionale (timbriche sonore, ritmiche, appeal analogico) quanto di una ragionata sperimentazione che ha accettato con intelligenza la sfida digitale.
Se qualcuno però mi chiedesse mai di scegliere un album in particolare, pubblicato dalla label, il mio sguardo volgerebbe sicuramente su “Active Technologies” di System 360, pubblicato nel 1998.
System 360 è uno dei vecchi pseudonimi di Roland Reuter, forse maggiormente conosciuto come Marvin Dash, ed Active Technologies è uno degli album esteticamente più completi che la musica elettronica abbia a ricordare.
Nelle sue 14 tracce infatti, Reuter, è riuscito nella magia di inscatolare oltre 20 anni di teorie sulla musica elettronica, tramutando tutti gli insegnamenti appresi attraverso gli ascolti in una personale forma comunicativa.
Se in “Deep Forces” le armoniose melodie electro flirtano sensualmente con le possenti andature techno, in “Man And Machine” assistiamo ad uno degli esperimenti post Kraftwerkiani più riusciti di sempre.
”Canon” è una marcia electro che raggiunge vette emotive che solo Heinrich Muller…
”Ph-optic” è Carl Craig in jam con Matthew Herbert e ancora “What Would you do” è la potenza dub dei Rhythm & Sound virata nello spazio e “Dekopan” il perfetto esempio di techno minimale.
Ad accompagnare il tutto, una serie di interlude e di passaggi sonori che prendendo spunto dalla scuola techno britannica di gente come Black Dog, Aphex Twin e B12, arricchiscono ancor di più il lavoro fornendo una summa che non può non generar amore verso lavori di questo calibro.
Dischi di questa caratura artistica sono ormai soltanto lontani miraggi, per cui come spesso accade, per guardare avanti è sempre bene fare qualche passo indietro.