Anni di sperimentazione vera, anni dove il termine riduzionismo era relativo soltanto al brusco modo per dare un freno alla vena creativa. Tempi testimoni di vite dedicate alla musica, di professionisti visionari, e di un suono perlopiù vergine che aveva ancora una gran sete di scoperta.
La techno inglese di quel periodo era un virus incontrollabile che flirtava con ogni sorta di genere, lasciandosi sedurre dal reggae, dall’hip hop, dall’ambient o dall’acid house, non tutto era perfetto, s’intende, ma se ad oggi torniamo ancora a guardare stupiti quei dischi, allora qualcosa di grande è veramente accaduto.
Potremmo pensare fosse quell’ingenuità con la quale s’affrontava un demone sconosciuto, forse è realmente accaduto questo, ma c’è dell’altro.
C’erano studi di registrazione fatti da macchine che non ti permettevano di realizzare un sogno in tempi brevi, non quanto gli attuali almeno, c’erano strumenti che andavano studiati, capiti, suonati. Idee da testare, da mettere in pratica, da gettate in pasto alle belve.
Proprio in quegli anni Kirk Degiorgio era uno di quei fiumi in piena che a stento mantenevano gli argini, anch’esso dedito alla produzione, ma già con quel fiuto particolare che lo portava a scegliere il meglio in mezzo a tutto quel marasma.
Da qualche anno lanciava dischi con la sua label: la Applied Rhythmic Technology, e decise che quel genio avrebbe dovuto incidere per lui.
Così Steve Pickton divenne Phenomyna e mise insieme uno dei gioielli più incandescenti del periodo: Unexplained.
Pickton dev’essere un romantico, uno che dal soul ha tratto beneficio e forza, un’energia che si è poi riversata senza pudore nella sua musica.
Unexplained suona come se i Future Sound Of London avessero registrato insieme a Juan Atkins il sermone festivo.
Tutti i tratti in cui è presente il suono del piano fanno riflettere pur suonando ludici, il ritmo è un caleidoscopio che stupisce di volta in volta con forme diverse e millimetriche, le macchine emanano un suono sempre caldo e malinconico, per qualche verso sembra anche di ascoltare i Board Of Canada più ispirati, in “Into The Other World” per esempio potrete respirare quell’aria di lunatica desolazione mista a lacrime da ricordi.
“From Afar” è dimensione techno nuda e cruda, un corpo scheletrico dove confluiscono strati melodici densi ed appaganti, a succedere è poi “Earthfall” che segue l’onda minimale del ritmo per avvalersi di un organo grasso e tenebroso tempestato di tamburi e piattini, fino all’esplosione di una cassa rotonda che trainerà la struttura in un continuo mutamento operato dagli elementi messi in gioco.
“Travellor” è electro spaziale, spezzata, apocalittica, sangue e polvere di stelle, seguita da un monumento techno-soul come “The Exiles”, un brano che è la colonna sonora di ogni viaggio nello spazio.
Sarebbe magnifico veder ristampata questa gemma inscalfibile, visto che attualmente occorrono non meno di 60 euro per assicurarsene una copia.