“Hollis è il più bel posto del mondo” è una delle prime frasi che saltano all’occhio leggendo il fotoromanzo pulp contenuto all’interno del package di uno dei lavori più innovativi e travolgenti per il filone acid techno di quegli anni.
Carlos Abraham Duque Alcivar, aka Abe Duque, nasce in Ecuador e a due anni si stabilisce con la famiglia a New York City in un sobborgo del Queens, il tanto amato Hollis appunto. Negli anni Ottanta inizia a smanettare con i primi sintetizzatori e nel 1993 fonda dapprima la Tension records ed a seguire il progetto Rancho Relaxo, label e collettivo elettronico i cui party divennero famosissimi in tutta New York.
In breve tempo la fervida scena europea si accorge dell’immenso talento di Duque. Primo fra tutti Peter Wacha, boss della storica Disko B di Monaco, che salta sul primo aereo per l’America per metterlo sotto contratto. Divertentissima la storia di questo incontro riportata in un nota di Wacha nel minibook dell’album. Da buon tedesco aveva schedulato tutto: orario di arrivo all’aeroporto, taxi per il Queen’s, un’ora come tempo stimato per la contrattazione e firma del contratto. Ma il tutto andò a finire con un lungo giro dell’isolato a bordo di un Impala del ’67, in compagnia di cugini e loschi amici di borgata di Abe Duque, con tanto di corsa finale al JKF per far riprendere il volo di ritorno allo stordito crucco, ovviamente senza contatto siglato in mano (“Per fortuna che esistono i fax!” fu la conclusione attonita di Wacha).
Una volta entrato nella scuderia Disko B, il duo Duque-Wacha scrive un’altra bizzarra storia nel mondo del music business. Duque vince una scommessa con il label manager che perde la proprietà dell’etichetta. Nonostante l’insistenza di Wacha a mantenere la vincita, Duque riassegna la proprietà a quest’ultimo facendogli promettere che userà la label per il bene dell’umanità!
E di bene l’etichetta bavarese ne ha divulgato a valanga nella scena dance internazionale. “Chicken Wings and Beef Fried Rice” è un mostro techno tentacolare, una macchina “kirliana” che si muove con accelerazioni acid di inaudita potenza, creato dalla mente di questo geniale quanto insospettabile latinoamericano. “No! (You Can’t Have It)” è la famigerata traccia tredici. Un’indescrivibile detonazione bassline, scatenante un’onda d’urto che nessun altro brano difficilmente ha generato o potrà generare nella storia della musica elettronica. Una drum machine deflagrante sulla quale affiorano due loop di 303 che la mano di Kirlian lentamente fa evolvere in un crescendo spasmodico ed ansioso, innestando rullanti e clap che ne aumentano l’effetto dirompente. Con maestria e genialità riverbero e delay, usati come nessuna aveva fatto prima di allora, esasperano esponenzialmente la progressione del bassline restituendo, nel momento pausa/ripartenza, la sensazione di essere in procinto di scoppiare (di felicità!).
A quell’acuto, a quell’apoteosi non puoi arrivarci. Non lo puoi avere. E’ qualcosa di irraggiungibile. E tale irraggiungibilità si trasforma in un sublime ed intenso piacere estatico.
Scritture elettroniche frutto della rabbia, della voglia di rivalsa sociale e del desiderio di sperimentare partecipando alla grande rivoluzione del suono. Ma non solo.
“8#%-Kirlian” con il suo basso psicotico ci mostra il lato più cupo dell’opera. Velocità sostenuta ed un palpito oscuro che ci trasporta in una dimensione apparentemente vuota ed insignificante. “You Are Special” fa da intro a “Power” altro viaggio frenetico il quel mondo minimalista fatto di battute sostenute e frequenze low-fi in una reclusione sonora che frastorna ed aliena portandoti in un angusto stato di trance progressiva. L’eccitante “Al Go Rhythms” abbraccia l’enfasi Motor City richiamando sonorità in stile Underground Resistance, con charlie e piattini montati su cassa spezzata e synth sincopati e sfarfallanti.
Ed ancora, con “Can You Hang?”, un crogiuolo di hit hat, rullate e corposo cassone degno nella ritmica techno più pura e cruda, per poi rituffarsi con “Then After That” in una leggiadra e trascendentale escursione soft acid.
“Nutzak” e “Who’s Got The Flave” sputano fuori l’anima più black e funk di Abe Duque, esplorando i territori del trip hop, mentre i dieci minuti di “Hollywood Shuffle” sollecitano una soave danza celebrale in perfetto stile downtempo.
“Meat is Just A Protein”, “Smiling” e “Clear” disegnano un misterioso emisfero ambient drone che fa da anticamera alle tracce più aggressive dell’intero lavoro.
Un anno dopo seguirà “Pleasure Yourself”, il secondo ed ultimo album con il moniker Kirlian sulla Disko B che consoliderà la fama di Abe Duque come producer eclettico, anticonformista ed anti mainstream per eccellenza, tanto da rifiutarsi di regalare i promo delle sue release anche agli amici più cari.
Per l’ennesima volta, trame elettroniche riaffiorano dal passato risvegliando violentemente energie intorpidite da secoli, introvabili nel nostro presente, figlie di un’era dove sperimentare, osare e gridare forte la parola techno significava ancora FUTURO.