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Detroit
Den Haag
Greatest Pills /

Dark Comedy Seven Days

  • Label / Elypsia
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 1997
  • Style /
  • Rating /
    10/101
Dark Comedy - Seven Days
Nel 1997 il grosso del lavoro era già stato fatto. La techno, l’electro, l’house, Detroit, Londra, Francoforte, Den Haag, Manchester, Utrech, la storia insomma… Kenny Larkin è sempre stato diverso dai compagni di Detroit, a lui piacevano le macchine veloci, la moda, le cose belle, voleva fare l’attore, e l’ha fatto anche, trasferendosi a Los Angeles per un periodo. Però la techno lì ha sempre avuto un pedigree sano, viscerale, un fatto di dna verrebbe da dire, per cui anche tutte le sue produzioni, dal 1992 in poi, sono state all’altezza della furia distruttiva della Motor City, è come se ognuno di loro, anche se con intenti ed obbiettivi diversi, covasse dentro, nel profondo, un senso musicale che sapesse descrivere con minuzia quel che la città ospitava in quegli anni, un popolo di operai afroamericani con un glorioso passato musicale ma con un sociale incerto, spaventoso.

Larking se vogliamo è un po’ il rifiuto di quello status globalmente riconosciuto che fa fede allo slogan “Underground Resistance”. Però nel 1997 raccoglie le idee e partorisce Seven Days, un abum che con il senno di poi possiamo definire come uno dei dischi più oscuri ed introversi provenienti da Detroit.

Una manciata di brani precedentemente pubblicati su Ep qui rivisitati in chiave dark, più alcuni inediti, un tunnel senza fine, e soprattutto senza fronzoli. Qualcosa che scarta in maniera decisa i gradi riferimenti funk e jazz della techno detroitiana per concentrarsi sull’essenza del messaggio, un messaggio che vuole raccontare uno stato d’animo ferito, sofferente, con il solo potere della musica. Seven Days è corrente nera, un suono scheletrico ed essenziale che picchia proprio come la techno deve fare, spingendo sul ritmo e circondando tutto con scie sintetiche oscure, rumori alieni e melodie da notti invernali. E’ un disco profondo, con una discorsività che vibra nello stomaco per poi trasferire la sua elettricità a tutto il corpo. Provate ad ascoltarlo di notte, passeggiando in zone poco affollate e prive di eccessi, lì vi renderà tutto il suo splendore, perchè questo non è un suono che ha bisogno soltanto di piste da ballo, è un linguaggio evoluto, maturo, è la techno nel suo centro, quel suono che voleva soltanto comunicare, indicare una via (a questo punto viene da chiedersi se terrena?) per la salvezza della mente, un rifugio.

 Nella produzione di Larkin, tolti i grandi classici come Azymuth e Metaphor, credo questo sia il punto più alto dove l’artista ha tracciato i suoi “disegni”, raccogliendo quella che era la sua visione più lucida del corpo techno, ma forse sarebbe meglio parlare di una differente visione, qualcosa che prende le distanze dalla foga creativa calda e piena di speranze che riunisce un po’ tutto il popolo musicale afroamericano per fotografare con precisione la decandenza della città e la sofferenza dei ceti più bassi.

Risulta difficile parlarvi dei brani, Seven Days sembra muoversi compatto, come un corpo unico, ma senza dubbio possiamo indicare con  “Darkness” uno dei momenti più potenti ed incisivi, con “In a Room” l’estro e la classe dell’uomo, con “War Of The Worlds (Dark Room Mix)” l’urgenza di tornar a sperare, con “Paranoid”, la meccanica dei corpi che rappresenta la Detroit operaia e con “The Bar (2 Minute Epic Mix)” la violenza, nuda e cruda.

Se avete voglia di un disco techno estremamente potente ed oscuro che non manchi di groove ed intuizioni che sappiano farvi partire per il viaggio, sono sicuro metterete Seven Days tra i preferiti di sempre!