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Greatest Pills /

Node Node

  • Label / Deviant Records
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 1995
  • Style /
  • Rating /
    10/101
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Rob Deacon fu un grande visionario, ha lasciato questo mondo nel 2007 in seguito ad un’incidente in canoa ed ha rappresentato una delle grandi menti dei ’90, fondatore della Sweatbox, label con la quale sul finire degli ’80 ha circumnavigato i territori industrial più vicini all’elettronica per attraccare poi nel nuovo decennio con un altra label altrettanto importante come la Deviant Records.

Ed è proprio qui che nel 1995, soltanto un anno dopo lo splendido quadruplo di Pentatonik intitolato  Anthology, che incontriamo un album particolare, una perla nera di indiscussa bellezza che negli anni è poi diventata un simbolo imprescindibile degli amanti della musica ambient.
Parliamo di Node, nome dell’album e nome del progetto capitanato da Dave Bessell e condotto insieme a Gary Stout, Ed Buller ed il leggendario Flood.

Node è un’entità, un oscuro corpo elettronico dove i sintetizzatori sono l’anima che traina tutte le composizioni verso un viaggio a suo modo cosmico. Cosmico perché dipinge scenari spaziali e regala all’immaginazione quegli ingredienti che possono far si che ci si immedesimi in un viaggio nel cosmo, a bordo, magari, di un’astronave. Node ha innanzitutto un forte senso dinamico, minuto dopo minuto ti avvolge nella sua tensione strappandoti letteralmente dalla realtà.
Gli arpeggi, gli accordi sulle tastiere e tutto il parco suoni sono frutto del lavoro di musicisti ispiratissimi e completamente a loro agio con le strutture soundtrack.
Non è un caso che tutti i componenti del progetto siano dei sound designer affermatissimi.

Cinque i brani, tutti di lunga durata, dai nove ai quattordici minuti, un tempo nel quale gli scenari che si avvicendano sono moltissimi, dalle desolate distese lunari a veri e propri viaggi interstellari. E’ proprio la fantasia ad essere stimolata, come in tutti i grandi album ambient, con un suono che seduce e scava in profondità, perché è soltanto nello spirito che la mente può esser stimolata.
Ascoltando questi album, veri e propri campionari melodici elettronici, viene da ragionare anche sulla sottile differenza che un impianto ritmico può apportare alla musica. Era veramente lecito parlare di Ambient-Techno, negli anni ’90 lo avevamo capito benissimo, e molti geniali produttori riuscirono a far viaggiare in perfetto equilibrio la fisicità ritmica alla melodica mentale. Node potrebbe essere tranquillamente un album techno con pochi piccoli accorgimenti, la profondità non cambierebbe.
Vien da pensare a molta techno, ma soprattutto a molta musica ambient attuale, musiche prive di vita, dove per vita s’intende una voglia di comunicare per così dire materiale, tangibile, discorsiva. Elementi oggi rari, e con questo non voglio assolutamente dire che non esista più la bellezza, ma che questa è mutata, sacrificando, nella maggior parte dei casi, quella sensazione di avvolgente calore umano che queste rigogliose produzioni ci hanno saputo dare.

Produzioni che non si accontentavano di essere semplicemente un genere musicale, ma pensavano soprattutto ad essere un disco da ascoltare, pensavano a riempire l’ascoltatore di musica, di idee e lo facevano con brani ricchi di spunti, cambi di direzione, suoni distanti tra loro ma amalgamati con gusto e senso musicale.
Node nella sua essenza è proprio questo, un disco ricco di musicalità, lo ascoltare e sentite delle persone suonarci dentro, provare, sovrapporre, metter dentro invece di togliere, alzare la tensione e giocare con la nostra sensibilità, in poche parole, stupirci.
E’ stato così nella storia di tutti i grandi album ambient, momenti sonori nei quali con facilità si rischia di dedicare tempo a se stessi.