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E.P. 124 Riccio

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Riccio

Ospite di questa settimana è Riccardo Zanaroli in arte Riccio, una delle menti dietro il progetto Super Value e raffinato rielaboratore di vecchi successi soul, funk e disco, ora impegnato in una serie di release per la nostrana Bosconi record che partendo da consolidate atmosfere disco arrivano nei meandri dell’house.
Oltre al mix, una bella intervista che ci permette di conoscere e capire questo artista italiano da tenere seriamente in considerazione. Buon ascolto!

“Sono tutti miei reedit, reworks unreleased mixati tra loro, credo apprezzerete l’esclusiva”

The More I Get The More I Retouch Mix

1) In questo momento c’è una forte esplosione di artisti dediti al re-edit, a nostro avviso tu sei tra i pochi che riescono ad aggiungere valore a brani preesistenti con soluzioni molto creative pur mantenendo un feeling sonoro fedele all’originale, cosa pensi di questo fenomeno e perché un artista sceglie di rieditare dei brani?

Quanta roba….beh…
Rieditare…. si è sempre fatto….è dagli anni Ottanta che si tagliano delle bobine…solo che ora con il digitale tutto è più facile e sempre più lo sarà, è per questo che il fenomeno è emerso in maniera così vistosa, con i mezzi a disposizione oggi tutti possono rieditare, la tecnologia ti agevola moltissimo rispetto solo a 10 anni fa e il desiderio di mettere le mani su una cosa che ti piace è comune a molte persone, nella musica e non solo, così fan tutti, si potrebbe dire, e le loro reinterpretazioni oggi però vanno in rete, vengono condivise e girano e se piacciono e funzionano, prendono vita, e qualcosa si muove.
Certo non è come produrre con una band ma, viste le ristrettezze economiche e spirituali del mercato musicale, è meglio che niente.

La trovo una cosa positiva in quanto i re-edits ridanno un giro generazionale a musica fantastica purtroppo spesso dimenticata o figlia di circuiti underground poco distribuiti all’epoca in cui sono usciti e quindi difficili da scovare; magari l’arrangiamento dopo 30 o più anni può risultare non adatto in alcune parti, ma se l’essenza del brano, gli strumenti, il suono dell’orchestra e il messaggio sono freschi, lo sono per sempre.
A volte basta una rispolverata e tornano a brillare! almeno io la vedo così, sono sempre in cerca di vecchia musica, vecchi vinili anni 70/80 (golden age per me) quindi copertine di immagini, visi, frasi, paesaggi, messaggi di grandissimi artisti che anche nelle difficoltà di scene underground hanno prodotto testi e musiche di grande qualità con grandi sforzi.
Quando leggo i nomi dei musicisti, i produttori esecutivi, i testi delle canzoni (quando ci sono), tutti i crediti presenti nel retro delle copertine, il mio coinvolgimento è totale, vorrei essere lì con loro e dare il mio contributo e lo faccio, ma a posteriori e dal mio studio, visto che si parla di anni Settanta! Quindi per quanto mi riguarda (e ti ringrazio del complimento relativo al mantenere un feeling sonoro fedele all’originale) cerco di celebrare la musica che più amo al meglio e con il più grande rispetto.
Penso che i vari Billy Paul, Marvin Gaye, Roberta Flack, Brass Constructions e compagnia bella sarebbero contenti di sapere che la loro musica rivive in eterno anche in forme diverse da come le avevano pensate loro, a me piace continuare a sentire il feeling originale mentre ritocco, esasperare sì, ma senza stravolgere troppo, almeno per la tecnica che uso ora, poi si vedrà, le radici comunque sono ben salde su questi princìpi.

2) Qual’è il processo creativo di un re-edit, vorremmo ci descrivessi gli strumenti utilizzati per produrre un brano partendo da qualcosa che già esiste.

Ciò che già esiste è il brano, e più ne hai e più ne conosci meglio è, e devono essere in vinile, in quanto questo supporto ti consente di lavorare con roba che non è già stata compressa digitalmente come con i cd e i file digitali, quindi più manipolabile, più flessibile ad essere mixata con altri suoni.
Poi è facile, basta un programma basic per iniziare, ad esempio garageband o acid (per i neofiti) o ableton (che è già un gradino sopra) e iniziare ad analizzare le onde, guardare cosa può servire e cosa no, fare mente locale sugli strumenti che stanno suonando contemporaneamente, avere un’idea del brano in generale e nelle sue varie parti e poi iniziare a tagliare, spostare, allungare, ecc…Un bel gioco, ma questo lo dovrebbero insegnare a partire dalle scuole medie (in Inghilterra lo fanno con i computer nelle scuole da anni) anzichè mettere delle flaccide scoglionate ad insegnare il piffero! Almeno, parlo del mio caso personale,fine della polemica.

Quindi dopo il primo passo, che è l’analisi di ciò che già esiste e la sua riformulazione, si può passare ad aggiungere elementi che sorreggano e sostengano quello che hai reinterpretato, usare casse, rullanti, piatti e piattini, basso…Cercare di dare più contemporaneità, esaltare l’elemento ritmico, il groove e le basse frequenze, per fare questo si possono usare o le macchine che venivano usate all’epoca, con pochi bit ma molto calore, meglio compatibili con il sample originale registrato dal vinile (la soluzione che prediligo) o suoni digitali di software interni al computer (cerco di non abusarne).

3) Cosa rappresenta per te l’house music? Come ti sei avvicinato a questa e quali consideri gli artisti fondamentali sia del passato che del presente?

L’house music è libertà e da quando è nata continua a evolversi dando la possibilità a chiunque, e sempre più facilmente, di fare musica, e non è che questo voglia dire che chiunque può fare musica, ma che chiunque abbia un talento musicale, una luce da far brillare, sempre più facilmente potrà esprimersi artisticamente e condividerlo.
House music non è solo 120 bpm e dintorni, è tutto quello che vuoi, tutti i suoni che vuoi, è un mezzo con cui esprimere tutte le diverse sfaccettature della personalità, dare loro sfogo, non è un problema se si campiona la musica di altri o se si usano solo suoni originali, l’importante è scegliere quello che calza a pennello con i bisogni del momento e che faccia venir fuori l’anima. 

Le prime esperienze con l’house sono state con la radio all’inizio, poi le domeniche pomeriggio ascoltando i dj locali nelle disco della città e della provincia e non sono sempre stati momenti indimenticabili. Gli anni 90 non sono stati per nulla male dalle mie parti, ma ero troppo giovane per poter vivere le serate top di quel periodo. Mi sono rifatto poi con parecchie cassettine, sempre a posteriori, e mi sto rifacendo alla grande ora.
Ma sono arrivato all’house anche attraverso l’hiphop, il funk e la disco, tutte unite da comuni origini. In generale direi che il suono che amo di più è quello americano, quello afroamericano per essere precisi Kenny Dope, Larry Levan, Derrick Carter, Frankie Knuckles, Moodymann, Todd Terry, Carl Craig solo per citare i primi che mi vengono in mente, ma sono troppi tra passato e presente per citarli tutti!

4) Ora ci piacerebbe capire in che modo può nascere un brano house partendo da zero, quali possono essere le ispirazioni, quali gli strumenti e quali le differenze sostanziali rispetto ad un re-edit.

Dalla risposta alla domanda numero 2 a qui il passo è breve  e al tempo stesso lungo: breve, in quanto dal reediting si passa spesso alla creazione dal nulla perchè si ha bisogno/necessità di esprimere e condividere emozioni, pensieri, idee, energia, ispirazioni.
Lungo, in quanto il percorso per creare da zero è cosa alquanto complessa e richiede maggiori e più profonde conoscenze tecniche, macchine esterne o interne al computer, conoscenza di midi, audio, delays, riverberi, compressioni ecc. Per non parlare delle varie tecniche di registrazione con musicisti e cantanti, dominare la tecnica è fondamentale.
E devo studiare ancora tanto, sono appena all’inizio! Ci sono fior fiore di produttori più bravi di me che possono rispondere meglio a questa domanda.

5) Quante e quali difficoltà si incontrano oggi per potersi esprimere e perché no trarre anche sostentamento economico dalla musica? E’ possibile vivere facendo il dj ed il producer? E soprattutto si può fare senza scendere a compromessi?

I compromessi ci vogliono, fanno parte della vita e sono inevitabili, ma i compromessi non sono tutti uguali, ognuno in sua coscienza deve un po’ alla volta trovare i suoi limiti, capire chi è e cosa vuole fare, dove vuole stare e soprattutto cercare di essere sempre felice di quello che sta facendo, molti tipi di compromesso però minano questo difficile equilibrio, soprattutto in una società come la nostra che non ci riconosce come parte di essa e in cui si deve passare troppo tempo investendo energie per difendere valori che non si dovrebbero difendere continuamente, in quanto dovrebbero essere dati per scontati da una società evoluta.

Se recentemente ‘eminenti’ ministri dicono che…” di cultura non si mangia…” è chiaro che sarà sempre più difficile trovare spazi e gruppi in cui esprimersi e generare ricchezza economica e sociale, in una tale realtà avrà sempre il sopravvento il mercato e la mercificazione selvaggia della musica; dove manca lo stato, il privato la farà da padrone e preferirà solleticare i bassi istinti sempre generatori di veloci profitti, se lo stato ci riconoscesse, la qualità musicale avrebbe un’ evoluzione più rapida con beneficio di tutti, ma ciò non può accadere se chi ci rappresenta ci ignora o ci tratta con paternalismo. Non mi sembra molto facile vivere di musica in Italia, ma mi piacciono le sfide impossibili.

6) In che maniera ami esibirti in pubblico? Preferisci in live o dj set?

Solo dj set al momento, eseguito con vinili vari e con cd contenenti le mie reinterpretazioni

7) Come è cambiato il lavoro del dj dai tuoi esordi ad oggi?

Sono calati i dischi e aumentati i cd con le mie cose dentro, si è alleggerita la borsa da portare in giro, non uso ancora serato o traktor ma non si sa mai, è cambiato tutto molto in fretta e non è facile adeguarsi, ma non voglio nemmeno fare ostruzionismo al nuovo che avanza, l’importante è che suoni sempre bene e caldo e comunque quello che conta è che la musica sia sempre lì.

8) Pensi sia più difficile esprimersi in Italia rispetto ad altri paesi?

Finchè avremo una scuola e uno stato paleozoici nei modi e nei metodi sicuramente sarà più difficile, molti paesi sono avanti 150 anni rispetto a noi.
La musica è una lingua, è un linguaggio e per di più è universale, unisce persone che mai avresti potuto immaginare, è un miracolo, è un dono, ma non si concede a tutti, solo a chi è in grado di seguirla. Bisogna istruire le persone all’ascolto, alla comprensione di ciò che si ascolta.

Alcuni paesi l’hanno capito. Vedo sempre, nei miei viaggi di ritorno in aereo dall’estero, folti gruppi di stranieri che vengono umilmente da noi a studiare lo stile, la cucina, la meccanica, la manifattura e tutti i campi in cui eccelliamo, e mi chiedo, come mai noi non andiamo da loro a studiare umilmente come si governa una repubblica democratica e come si fa a far progredire un popolo (musicalmente nel nostro caso), visto che, al riguardo, hanno qualche secolo di esperienza in più???

9) Possiamo ancora aspettarci qualcosa dall’etichetta Super Value o il capitolo è definitivamente chiuso?

Non te lo so dire, so solo che Super Value per me è uno stato mentale che mi accompagnerà comunque, a prescindere dalle sorti della label.

10) A cosa stai lavorando in questo periodo?

Continuo a ripercorrere le strade dei grandi che ci hanno preceduto, un percorso storico ed emotivo di ricerca con il supporto dei negozi ancora ancora aperti, delle fiere del disco, del web e qualche viaggio all’estero, se è vero che l’arte deve sempre relazionarsi con la storia, continuo ad ingrossare la mia collezione e di conseguenza la mia libreria di sample e campioni, mi concentrerò maggiormente sulle produzioni originali in futuro, ogni cosa a suo tempo.

11) Ora una domanda che è un po’ il rito di chiusura, qual è il disco che hai ascoltato più volte nella tua vita? Voglio un solo nome, quello che semplicemente è finito più volte nel tuo lettore e perché.

Domanda veramente sadica fatta a un dj!
E’ molto difficile scegliere, vado sui ricordi adolescenziali che non sbaglio…La cassetta che ho fatto girare di più è stata Doggy Style, l’album di Snoop Doggy Dogg del 1993, prodotto da Dr Dre! Avevo il disco e mi ero fatto la cassetta per ascoltarlo a ripetizione, mi ha segnato per sempre quell’album, tanti prestiti da Bootsy Collins, George Clinton, Leon Haywood, alcuni pezzi sono ancora degli “spacca pista”!

http://www.myspace.com/formerlyknownasriccio

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