Titano è uno dei satelliti naturali più grandi del sistema solare, secondo solo a Ganimede, orbitante intorno al pianeta Saturno. La sua atmosfera per certi versi simile al pianeta terra è fonte di curiosità per gli studiosi, che dopo aver esaminato i risultati delle analisi provenienti dalla prima sonda riuscita ad atterrare sul suo suolo (Cassini-Huygens) nel 2004, stanno elaborando nuove missioni da compiere in futuro. Fascino che è arrivato sino alla musica, perché è proprio dedicato a questo satellite il nuovo disco di Alek Stark, produttore electro con base a Madrid che da più di un decennio lavora per portare il genere verso visioni sempre più avanzate.
Particolare l’esperimento condotto per arrivare alla creazione di questo disco. Stark ha infatti speso gli ultimi dodici mesi ad accordare tutta una serie di strumenti in Do minore partendo dai toni della Roland TR-808, sintonizzandoci una serie di macchine come TB303DF, SH101, Roland Jupiter 6 Europa, VP330, Oberheim Xpander, Korg Mono/Poly, Modular System QSS44, Q960.
Parliamoci chiaro, Stark è uno di quei nerd dell’analogico che in una maniera o nell’altra ha sempre prodotto sogni sintetici che vanno oltre il produrre un genere musicale. Lui appartiene a quella schiera di produttori post-drexciyani, pochissimi, che hanno fatto in modo che la loro musica contribuisse a descrivere un immaginario, fosse quindi carica di contenuto espresso attraverso una forma che non vuole essere techno, electro, house o chissà cos’altro, ma solo esser parte di un disegno più grande, di un mondo parallelo le cui coordinate siano quanto di più distante dalla realtà.
E ad accompagnarlo in questo viaggio troviamo proprio quell’anima distaccata di Heinrich Muller, unico sacerdote di una scienza che viaggia su binari separati ormai da tempo immemore, qui prodigo nel remixare due brani di Stark che già da soli sono magnifici in ogni sfumatura.
Titan’s Cycle è un capolavoro. Era tempo che non venivamo in contatto con un brano superbo che unisce groove e sperimentazione in un ibrido techno/electro da capogiro. Ha tutti gli ingredienti al posto giusto, un’atmosfera sci-fi intrisa d’oscurità ma con la classica luce in fondo al tunnel che emana calore ed emozioni forti, potrebbe andar avanti benissimo senza il beat, talmente ben composta l’ambientazione, ma ecco che la cassa in 4/4 entra prepotente dal basso, da subito supportata dalle cymbals è un moto techno puro e profondo quello che viene a crearsi, un cuore pulsante che distrugge la cassa toracica per uscir fuori e volare in alto.
Muller interviene già sul primo lato con uno scorcio lungo poco più di due minuti nel quale sintetizza in maniera perfetta la sua idea di suono regalandoci un remix multistrato con le tastiere in volata libera ed un pad sfocato in sottofondo che ne controbilancia la melodia.
Nel secondo lato ancora un brano intenso come 94k, qui il ritmo rimane ancorato a stilemi electro e tutto si svolge intorno ad un’ipnotica sequenza di suoni alieni di piglio acido, sembra veramente di assistere ad una marcia nello spazio con la TR-808 programmata alla perfezione mentre tutto il resto della strumentazione dipinge scenari difficilmente replicabili. Ancora in electro nuda e cruda nella successiva Methane Rain, brano molto melodico dove è forte la contrapposizione tra alcune note appena pronunciate e l’inferno ritmico ingarbugliato ed astutamente tenuto con un volume più basso.
Segue poi il secondo remix di Muller, un marchio di fabbrica il suo, ma uno di quei suoni talmente puri da non stancare mai neanche se ripetuti all’infinito. Muller è riuscito a cristallizzare i suoi studi sul suono, è un maestro completamente perso dentro la sua idea e dalla quale molto difficilmente uscirà fuori.
A chi non ha perso quel dannato vizio di sognare.