Marco Micheli è entrato sin da subito nel meccanismo dell’elettronica romana di quel magico decennio che sono stati i ’90. Era un artefice e lucido interprete del suono elettronico che avrebbe poi marchiato a fuoco la storia grazie ad artisti come Lory D, Leo Anibaldi e molti altri ancora.
Girò intorno alle sue produzioni la sorte di una delle label romane più sottovalutate del tempo, la Out Of Orbit, costola della ACV che ebbe i natali proprio grazie alla musica di Marco che dapprima insieme al suo amico Leo Anibaldi, poi in una serie di Ep solisti descrisse la sua idea di musica mettendo insieme scorie techno, acid, electro e breakbeat in un vortice di idee che potrebbe rispondere tranquillamente al termine sperimentazione.
Riascoltare oggi i dischi di Marco Micheli equivale a prender coscienza del fatto che se una produzione esula da schemi e riesce a distinguersi per originalità, questa probabilmente vivrà per sempre.
Un ritorno inaspettato, è il caso di dirlo, un disco che arriva da uno dei canali meno convenzionali dell’elettronica dei nostri giorni, la Idroscalo Dischi di Anna Bolena, label della quale ci siamo occupati proprio in occasione del bellissimo disco di Anna, e che propone ora il ritorno di questo produttore che nel suo piccolo ha messo giù mattoni nelle varie vicende romane legate all’elettronica.
The Mikmak Experience parte con un’incredibile brano industrial come Vatican Voodoo, un’esplosione di rabbia a suon di chitarre distorte, campioni vocali e spirali ritmiche ad alta velocità. Un brano che tira fuori tutta la sua urgenza groovistica in una forma di techno afro-futurista che tira un calcio in culo a tutte le strutture canoniche della techno attuale. Sempre sul primo lato è incisa anche Monkey Drop, brano nel quale è ancora presente quell’attitudine punk espressa in un breakbeat atmosferico fatto di voci, fumogeni ed ancora chitarra elettrica, sembra una jam live in un pub di quart’ordine dove il tasso alcolico è alto e la vita sembra attendere il next step.
Sulla b-side troviamo inciso sul primo solco un brano che esce totalmente da mood del disco, Smart Cad, siamo sempre in un contesto techno-breakbeat ma con una scelta sonora meno consistente, indubbiamente il brano meno incisivo del disco, che invece in chiusura torna a regalare atmosfere grigie con Domus De Petra, brano tribal-ambient ricco di melodia e dettagli sonori.
Un gradito ritorno.