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Single Reviews /

Pender Street Steppers Glass City / Golden Garden

  • Label / Mood Hut
  • Catalog / Mood Hut 008
  • Format / Vinyl
  • Released / 05/2015
  • Style /
  • Rating /
    9/101
Pender Street Steppers ‎– The Glass City / Golden Garden

“Canadian house is a thing” (random Youtube comment).

Per noi del Belpaese, intrappolati tra vetrine infrante e isterismo da democrazia-social, Vancouver è anche più lontana di quello che dista realmente. La “Canadian Riviera” è infatti diventata nel giro di un paio di anni il nuovo epicentro delle più forti scosse in campo dance, e ancora non ha perso ne lo spunto ne la sua estrema “localizzazione” di partenza. Forse il via libera delle istituzioni alle droghe leggere (AKA marijuana) ha in un certo senso accelerato una new (new) age che ricorda alcuni frammenti del biennio hypnagonic 2010/11 ma che ha pure tratto giovamento dalle migliori jam di casa L.I.E.S. e People Potential Unlimited (ma anche la mai troppo decantata e sexy 100% Silk), riportando una maggiore attenzione sulle melodie, da troppo tempo accantonate in favore di droni, sistemi modulari e parecchia approssimazione.

Pender Street SteppersMood Hut non è solo una cricca di hyppie 2.0, comunque. Nella florida città canadese sono spuntati nuovi record stores (vedi Pacific Rhythm, uno dei più vicini alla label) e praticamente ogni settimana è possibile trovare un nuovo mixato su quel portale magico che è libramix.org, in cui troviamo inediti, classici e oscuri singoli tra funk, jazz, house e downtempo. Di Vancouver è pure 1080p, un altra di quelle etichette ispirate e coloratissime che al netto delle DIY stantie e politicanti della vecchia Europa suona decisamente più raffinata e lussureggiante delle fesserie accelerazioniste da rivista-pop. Oltretutto, da sempre sfottuti dai fighi cugini U.S.A., ed ora più sul pezzo delle loro roccaforti storiche (Chicago/Detroit/New York).

Ed è proprio nell’autoreferenzialità geografica che naviga il nuovo 12” dei Pender Street Steppers (che pure il nome lo devono alla strada in cui nasce Mood Hut, per dire), una dimensione che continua a donargli alla perfezione: in “The Glass City”, note dilatate e un sassofono campionato da chissà quale polveroso 7” soul e, in primo piano, una drum machine che potrebbe tranquillamente essere l’onnipresente e scontata 707 o una serie di samples; perchè nonostante la grana nostalgica e consumata del suono non fa proprio alcuna differenza sapere il dietro le quinte di certa bellezza. Dall’altro lato invece “Golden Garden” inserisce un meccanismo di flauto e basso a 100 BPM che raramente si vede applicato a template house classici. Sgomento (e godimento) in un unica doppia sessione: applausi (o sigaretta) o seguire.

Al pari dello strepitoso “Bubble World” ristampato giusto un mese fa, ennesimo disco essenziale del duo canadese (Liam Butler e Jack Jutson, quest ultimo conosciuto anche con l’alias Jack J, la cui “Something On My Mind” merita le vostre ricerche sul tubo). Un rinascimento dance fatto di tramonti stonati ma non degenerati, merende a Chinatown e un benessere culturale e mentale a cui guardare con una discreta invidia.