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Ancient Methods First, Second, Third, Fourth

  • Label / Ancient Methods
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 2007/2009
  • Style / ,
  • Rating /
    10/101
Ancient Methods

Quattro vinili rilasciati in 2 anni di attività, quattro esemplari modelli di futuristici beat funk magistralmente assemblati su carcasse techno precipitate all’nferno.
Era il 2007, e da Berlino giungeva il primo folgorante lavoro degli Ancient Methods. Derive noise alla “Orph”, frequenze basse alla “Monolake” ed appeal funk alla “Smith N’ Hack”, semplice a dirsi, ma quel che emerge dalla loro musica/lità è proprio questo. Un travolgente, inarrestabile ciclone techno proiettato nel futuro.

Un sound che eredita proprio i punti cardine della scuola detroitiana, d’altronde ormai sembra una banalità o meglio una cosa scontata, ma a ben vedere, la chiave di lettura della techno tutta, dev’esser colta per forza tra le righe della motor city.

Quattro dischi che rappresentano un movimento evolutivo all’interno di un estetica che partendo da punti predefiniti sta a sua volta modellando un flusso personale e riconoscibile. Se nel primo “First” la ricerca era basata sostanzialmente sull’interazione tra ritmo e flussi sonori grezzi e taglienti, con particolare attenzione verso gli incastri di micro suoni su breaks complicatissimi, già in “Second” comincia a prender forma un colosso techno di proporzioni bibliche. Nella prima “Untitle” del secondo disco è palese come la spinta ritmica sia rivolta ad un dancefloor sempre più lineare.

Un suono che punta molto sull’ipnotismo, ma che viene poi totalmente stravolto, nel pensiero, in tracce come la terza “Untitle”, dove ad emergere è di nuovo quel caldo ardore funk che guarda indiscriminatamente techno e dubstep.

Il secondo disco chiude con un anthem techno che farebbe drizzare i capelli anche ad una traccia come “Plumbicon” di “Monolake”, provare per credere.

2009, esce il terzo (Third) disco ed è di nuovo panico nelle piste di mezza Germania, finalmente un titolo, Else, e questa volta 2 versioni, quella d’apertura (ugandan methods mix) è una traccia techno melodica fatta di riverberi d’Africa e synth sotterranei. La “Radio Edit” è un colosso cassa in quattro tutto spettri e metallo battuto, qualcosa che ricorda il “funkyness” di Lory D in formato ultra-minimale.

Lato B di pura follia techno/noise con frequenze basse da cardiopalma e micro-rifiniture dettagliatissime.

Di questi giorni il quarto capitolo di questa autentica follia sonora (Fourth) l’ennesima prova di come fare le cose con puro sentimento senza seguire alcuna moda alla fine paghi…oddio paghi magari è un parolone, ma per chi, come noi, sa ancora distinguere il buono dal cattivo o almeno conserva la presunzione ancora vergine, questa musica è oro colato.

Per non sbagliare prendeteli tutti!

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