Ecco i primi brani a veder luce dell’imminente album di Cio D’Or per la Prologue records.
Nel primo disco è un avvolgente intro a catapultarci dentro un mondo dal quale sarà poi difficile uscirne indenni. “Zellulose Wind” è una fitta nebbia che pian piano si dissolve su un semplicissimo accordo ed un suono orientale. Un minuto e mezzo di magia.
“Goldbrokat” esplode dalla dissolvenza di quelle nebbie creando un vortice cupo e ricchissimo di micro elementi che gravitano continuamente intorno al corpo centrale del brano, una cassa ovattata potentissima ed un giro di piano che è di nuovo un rimando all’oriente. Un’ estetica sonora di classe assoluta che ci mostra come si possa ancora creare musica coinvolgente ed emotiva usando l’essenziale.
Lato B tutto per Donato Dozzy che ci regala un doppio remix su “Goldbrokat” .
Di incredibile intensità la versione ambient del brano, una suite corposa e stabile basata sull’accordo portante della traccia nativa. L’abilità di Donato è quella di aver saputo ricamare un intero mondo sopra la carcassa originale, servendosi di field recordings probabilmente su onde che si infrangono sugli scogli e di un superbo synth che trainerà poi il brano fino alla fine.
Avremmo preferito ascoltarlo per molti minuti ancora, ma la magia viene interrotta a 2:35.
Nella versione techno non c’è respiro. Gli spazi lasciati liberi da Cio D’or sono tutti riempiti dal groove di Donato che arriva, ipnotizza e distrugge. Una versione acid-oriented puntellata continuamente da pareti di stabs a creare un effetto claustrofobico spaventoso. Ascoltata all’interno di un suo set credo non lasci superstiti.
Nel secondo disco Cio D’Or continua nel suo lavoro d’investigazione del sottosuolo massaggiandoci i timpani con le sinuose frequenze di “Pailletten”. E’ sempre un gioco a quattro elementi, ma il gusto e la grazia con i quali sono messi insieme è cosa che mancava alla nostra memoria da tempo.
Per il remix scende in campo nientemeno che Sleeparchive ed immediatamente quel che era un sogno ipnotico quasi da warm-up vede spostare le lancette di almeno 3 ore, nel buio profondo della notte, dove le teste sono pronte all’ipnosi totale e dove ci si può immergere nei meandri più oscuri dell’elettronica.
“Seide” è quell’ulteriore passaggio stilistico verso il già citato oriente e “Mohair” chiude le danze allentando un po’ il ritmo per puntare su vari campioni sonori ed un crescendo melodico che ben si presta ad un after.
Aspettando l’album ci troviamo già con il forziere pieno di gioielli!