Questo è l’inevitabile matrimonio tra il migliore artista electro post/drexciyano ed una delle label più coraggiose dell’ultimo decennio.
E finalmente si svela. Robert Witschakowski, tedesco, ecco chi si cela dietro la sigla The Exaltics, progetto tenuto fin’ora segreto non per creare hype o simili, ma unicamente con lo scopo di porre in primo piano la musica.
Ormai sono anni che ve ne parliamo, la Solar One Music è entrata nel nostro quotidiano, aggiornandoci sempre con musica elettronica fuori da ogni schema commerciale, con pubblicazioni limitatissime che sappiamo tutti quanto possano rappresentare più una perdita che un serio investimento.
Alla fine la musica di The Exaltics è stata premiata, ovviamente non a titolo numerico, ma già vedere questa eredità electro stampata finalmente su vinile dall’etichetta simbolo della rivoluzione europea è qualcosa che ci riempie di gioia, e ci fa credere ancora in una meritocrazia ormai granello di sabbia nell’oceano.
Robert non tradisce il colpo, e per quanto mi riguarda confeziona le migliori tracks di sempre impacchettandocele in due vinili di portata galattica.
Un album dunque, diviso in 2 parti colmo di un suono robotico finalmente ponte autentico tra la scuola techno detroitiana, l’electro scientifica di Gerald Donald e le visioni distorte di certa elettronica made in uk.
Poi c’è la questione melodica, e qui The Exaltics si dimostra una gradino sopra tutti, vi basterà poggiale la puntina sull’iniziale “Machine Room” per capire quanto sia intensa e commovente la sua scrittura, assecondato da un synth, una batteria e poco altro.
Motori che si incendiano definitivamente nella successiva “Return to Solaris”, brano da pianeta rosso tutto lance di fuoco e visioni fantascientifiche, tempi perfetti per pause, inserimenti e sfumature, aggiornare i manuali. O ancora “Mother ship to Solaris”, un viaggio downbeat costellato di piccole gemme soniche ad illuminare una notte calda e romantica.
Un disco che si fa cupo man mano, partendo da elastiche ballate electro per poi approdare a stesure acid oscure e contorte, un gran regalo che si materializza nel secondo vinile e che già nei primi 3 brani offre cunicoli pregni d’acido nei quali smarrire la mente e lasciar andare il corpo. “Try to Believe, Control Panel e X3” sono tre rettili impestati che disseminano veleni nel loro percorso, ricorrendo persino ad un’estetica Jack malvagia proprio in “X3”.
Nel brano che dà il titolo al lavoro: “1000 lights in the sky”, l’uomo convoglia tutto il suo sapere, mescolando con perfezione uno scheletro electro fatto di cassa, tamburo in controtempo e piattini ad una fonte di elettricità acida che corrode qualsiasi superficie si presenti dinanzi.
Un secondo vinile disegnato per le piste da ballo più audaci, che ci presenta una nuova prospettiva techno/house che non potevamo di certo sperare, una prova che l’artista supera a pieni voti, mettendo la cassa in 4 in un’interpretazione violenta come “Auxiliary Ship”.
Ecco a voi un album che fermerà il tempo ogni qual volta finirà nel vostro piatto, un disco che scivola intenso tra melodie marziane, affondi dance intraprendenti e specchi che riflettono tutti i vostri pensieri rivolti al futuro, fregandosene di quel che può piacere in larga scala, perché i veri segreti sono sempre appannaggio di pochi, timidi ricercatori.