Quel che succede in questo periodo è che se vuoi pubblicare un disco in vinile senza troppi vincoli, ti fai una label da solo e te lo pubblichi. D’altronde con un paio di mila euro al momento la cosa è fattibile. Pro e contro, come al solito. Maggior libertà espressiva soprattutto, o così dovrebbe essere. La realtà è che questo evita anche molta selezione fatta dagli AD delle label più strutturate e quindi ci troviamo invasi di minuscole etichette, perlopiù standardizzate (ma non doveva essere il contrario?) che tirano fuori interi cataloghi di robe tutte uguali tra loro, ma soprattutto, uguali ad altre…”ma io faccio così per mantenere una coerenza…” ma fatela finita e cominciare a far dischi fatti bene!
Fortunatamente c’è anche chi si fa la label da solo ed osa qual cosina in più, ed è proprio il caso di Daniel Ansorge aka Barnt, che insieme a due suoi amici ha messo su questa Magazine records, da Colonia e stà facendo veramente le cose per bene!
Nel primo capitolo uno stranissimo fungo cosmico realizzato da un ensemble di 8 musicisti che hanno saputo ben ricontestualizzare le vecchie intuizioni kraut e cosmic tedesche con nuove dinamiche minimali ed ipnotiche.
Questo disco targato Barnt è un eccellente esempio di sperimentazione su house e techno, nel primo brano: Collection, c’è tutto un gioco di batteria, organo ed archi in una perfetta orchestrazione celestiale ad accompagnare una lenta andatura techno. Alla batteria il compito più pregiato, quello di posizionarsi in primo piano a scandire un andatura quasi jazz, per poi attendere il suono della chitarra elettrica che maschera definitivamente la galoppata di sottofondo echeggiando gli antichi corrieri cosmici tedeschi.
“Minister” è un altro ottimo brano in bilico tra techno ed house caratterizzato da un portante suono di piano dalla tonalità abbastanza inusuale per il periodo, accompagnato da cassa e piatti anch’essi molto enfatizzati, uno di quei brani che può spezzare una serata a senso unico.
Chiude “What Is A Number, That A Man May Know It?”, brano che dà il titolo all’EP, traccione techno con martello e zanzarone iniziale come ai bei tempi seguito subito da una serie si sforbiciate sintetiche che ci catapultano nel cuore di un brano che stupisce di continuo anche grazie alla melodia dalle sembianze horror che entra dopo due minuti prendendosi la scena e di nuovo, mascherando l’apparato ritmico in sottofondo.
A qualcuno piace ancora stupire e reinventare un suono che continuamente rischia il collasso. Bellissimo.