Pubblicata in origine nel 1994 dal britannico Bob Holroyd, “African Drug” viene ora rimessa in circolazione arricchita di nuovi remix: una traccia che ha lasciato il segno e risplende ancora oggi a distanza di sedici anni dalla sua prima stampa.
Merito certamente della ricercatezza del suono, dell’intensità del brano e dell’abilità del suo autore: “African Drug”, a dispetto del titolo, ha un inizio altamente ipnotico che rimanda ai gamelan balinesi fino a quando, trascorsi i primi quattro minuti, la ritmica prende il sopravvento spostando le coordinate verso territori tribali in cui affiorano in superficie voci distanti e confuse.
Una vera e propria ‘droga africana’, al punto che i tipi di Phonica non devono averci pensato due volte a chiedere la licenza a Bob Holroyd quando se lo sono trovato davanti nel loro negozio.
Materia prima che sembra fatta su misura per un produttore visionario quale Kieran Hebden considerando attitudine e trascorsi musicali.
Four Tet parte più veloce rispetto all’originale e prosegue in un crescendo inarrestabile: dopo quattro minuti, già sommersi tra tamburi e cassa, fa il suo ingresso un’avvincente linea di basso. Raggiunto l’apice, Four Tet spegne i riflettori, tutto si interrompe, per ripartire nuovamente da capo e ritornare dove eravamo rimasti.
Totale: dodici minuti di pura ipnosi e lucida follia attraverso paesaggi sonori astratti e sospesi.
Il produttore londinese T.Williams (co-proprietario dell’etichetta Deep Teknologi Records) contribuisce con un remix che inizialmente ruota intorno all’elemento tribale per poi trasformarsi in una sorta di house astratta.
Nella versione digitale è presente inoltre un secondo remix di T.Williams (che pone l’accento essenzialmente sull’aspetto tribale) e la versione originale di “African Drug”. Un ep da non lasciarsi sfuggire.