Plant43 è uno dei miei artisti preferiti di sempre. Al pari di un Aphex Twin o dei Drexciya, è uno dei pochissimi musicisti della “nuova scuola” ad essermi entrato nelle vene come una droga, quindi con consecutiva dipendenza.
Emile Facey (questo il suo nome all’anagrafe) è sempre rimasto nell’ombra della sua musica, nascosto dietro una letteratura che in silenzio ha fissato punti indelebili nello sviluppo della musica elettronica, quello legato in particolar modo al suono electro e techno.
Coordinate sicuramente made in uk le sue, provenienti per forza di cose dall’ondata techno britannica associabile a figure come The Black Dog, B12, Autechre e molti altri ancora, rimodulata poi in un linguaggio evoluto e futuristico dai tratti distintivi matematici che non possono non far pensare alla musica di altri due geni dei nostri tempi come Arpanet ed ERP.
Il mio primo contatto con le sue gesta è stato grazie ad una pietra miliare della musica elettronica come “Split 1” un EP pubblicato dalla stessa Ai Records nel 2006 diviso tra lo stesso Plant43 e Datassette, altro gioiellino di casa Ai.
Poi un’altra serie di release, sempre senza far troppo rumore, sempre musica rilasciata col contagocce. Mai più di un disco all’anno.
Ora è la volta di Burning Decay, e vi premetto che è uno dei dischi più belli ed intriganti in circolazione.
Una gemma di soli 6 brani sulla versione in vinile ad edizione limitata, 8 per la release digitale su Bleep.
Plant43 ritorna quindi con il suo suono che dopo quest’ulteriore conferma possiamo garantirvi essere tratto distintivo unico e puro. Un mood sospeso tra electro scientifica e techno dalle movenze ipnotiche.
L’aspetto melodico ha sempre giocato un forte impatto sui suoi brani, e qui, grazie all’utilizzo di sonorità per certi versi vintage, viene ancora una volta accentuato rivelando una maturità compositiva ormai solida.
La traccia d’apertura “Gravitational Collapse” penso sia candidata a rimanere impressa come uno dei brani electro più belli di sempre, musica in grado di spingere la mente all’isolamento, una sorta d’astrazione nella quale vanno ad agire gli innumerevoli strati di suono sovrapposti con maniacale dovizia da Plant43.
Tutto raggiunge la perfezione, dalla programmazione ritmica ai fantastici tagli ed inserimenti nei quali ogni suono sembra entrare in gioco al momento giusto e con melodie che centrano sempre il bersaglio.
Parliamo di un disco che dev’essere ascoltato. Questa non è certo musica da club o di passaggio, e anche se odio usare questo termine, potrei azzardare nel descriverla come colta.
Tutte e sei le composizioni presenti sul vinile hanno luogo sfruttando una gamma di sonorità ben calcolate e circoscritte che si rivelano come un unico flusso da assimilare tutto d’un fiato, immergendosi in questa colonna sonora ricchissima di punti d’attenzione che vanno da soluzioni ritmiche articolate a trainanti ad incontaminate combinazioni sonore che vi faranno pensare alla purezza di una sorgente d’acqua ad altissima quota. Questa è musica che và acquistata, un vinile che vale lo sforzo economico per assicurarsene il possesso.
Questa musica è futuro.