Bellissimo Ep per Dj Spider, sotterraneo artista newyorchese che fa della sperimentazione un modus operandi tanto in ambito dance quanto in quello puramente d’ascolto. Acute e ricche di fascino sono infatti le sue produzioni ambientali sotto il moniker Spider Bites, con 2 album all’attivo e diversi singoli pubblicati in vinile e musicassetta.
Per quanto riguarda il lato “dancefloor oriented” la produzione di Spider è un incredibile miscela di house e techno nella quale l’uomo sperimenta valide soluzioni creative partendo dall’inserimento di drones, texture noise e partiture ritmiche complicatissime.
Il suo disco d’esordio: “The Return Of Planet X EP” è stato un primo illuminante segnale che restituiva linfa al panorama newyorchese non sempre in linea con i tempi, ancorato com’è ad un’estetica classica dovuta alla storia stessa della città.
Nei dischi di Spider invece si respira aria di nuovo, le soluzioni melodiche non sono mai scontate ed i brani emanano la stessa lussureggiante resa sia per l’ascolto casalingo che per quello in pista. Lo stesso da anni si prodiga in party underground nei quali è solito proporre sonorità fuori mercato molto ricercate ed innovative, dedicandosi poi, da qualche anno alla diffusione delle stesse tramite la sua label Plant B, piccolo culto seguito dai dj più coraggiosi ed intraprendenti.
Questo Under The Radar è un nuovo gioiello che solidifica ulteriormente la maturità produttiva del’ artista, qui con 4 brani techno/house dal taglio come al solito profondo ed oscuro dove a risaltare è un’estetica tribale spalmata su tutte le tracce. E’ infatti massiccio l’uso delle percussioni, suonate ed assemblate in modo da rendere udibile una stratificazione fitta. I tempi sono l’altra grande arma sfoderata, anche nei brani più “dritti” infatti v’è la presenza di sovrapposizioni scomposte che creano un effetto di smarrimento aiutando nello stesso tempo la concentrazione e la perfetta assimilazione dei beats. Il taglio dei suoni segue una linea oscura, note, campioni e giri sintetici provengono da session probabilmente concepite nel cuore della notte, il groove è come al solito scheletrico e passa da timbriche più morbide “Debt=slavery” e “Flyng Over Nazca” ad altre acidule “Guitter House”.
Menzione Speciale per “Jungle Juice”, un brano che sembra non appartenere all’Ep che sfodera un’estetica techno di stampo minimale totalmente incentrata sull’utilizzo delle percussioni e del perfetto(imperfetto) taglia e cuci.
Un disco pieno di fascino che lascia intravedere uno spiraglio di luce a generi come l’house e la techno che troppo spesso rischiano di cadere preda di facili deviazioni commerciali ed un’ulteriore conferma di come la sperimentazione sia l’unica via percorribile per poter raggiungere lidi finora inesplorati.