Quanto sono cambiati i tempi, 15 anni fa un produttore di questa caratura avrebbe avuto la fila dei label manager fuori la porta a supplicare, ora il coraggio non è più considerato un pregio, e per poter raggiungere un personale obiettivo c’è bisogno di farsi in 4 cercando di diventare, oltre ad essere già ottimi artisti, manager, curatori del marketing, contabili ed in qualche caso anche figli di mignotta.
La musica fa riflettere, riuscendo a dar adito a pensieri che possono infilarsi in qualsivoglia modello culturale od economico, e questo vale sia per la buona musica che per quella da gettare al cesso.
Paolo Di Nola dopo aver rappresentato la musica per oltre 30 anni ha concentrato il suo bagaglio culturale in una serie di produzioni oblique, torride e malsane, per questo magnificenti.
Lo ha dovuto fare da sé, creando una label, la Panacustica che ora, alla terza release, è già custode di tesori che brillano luce nelle tre direzioni temporali, passato, presente e futuro.
Puntando tutto sulle emozioni ha dispensato bagliori balearici nella prima release dal titolo “Twice” per poi farci tuffare negli anfratti vaporosi di New York con un capolavoro assoluto come “Rat’s Poem”. In ogni brano un’avvincente storia scritta seguendo echi, ricordi e premonizioni che hanno apparente distanza soltanto dal punto di vista stilistico, risultando poi confluenti in quel mare emozionale che deriva dall’ascolto di questi dischi.
Con Zen Locomotive, nel puro rispetto della strada intrapresa, ci troviamo di fronte ad un nuovo cambio di registro, e Dio solo sa quanto possa farci piacere incontrare nel suo cammino una gemma ambient di questa portata.
Paolo, ispirandosi ai viaggi in treno, focalizza e fotografa quel preciso momento di isolamento nel quale l’utente vede correre davanti ai suoi occhi paesaggi, albe, tramonti e ricordi, concretizzandolo attraverso il rollio del Moog. È un momento intenso, dove dietro una sequenza di movimenti veloci affiora la solitudine, vero leitmotiv reso suono per mezzo di una melodia penetrante nelle sue variazioni tonali, quasi a volersi separare dalla meccanica ossessiva del Moog. Un brano al solito commovente ed introspettivo che aggiunge una nuova chiave di lettura in questa articolata personalità.
A curare i remix che di volta in volta vengono aggiunti al brano portante troviamo in primo luogo la splendida reinterpretazione di un collettivo giapponese scovato proprio da Di Nola su myspace, i Filfla. Facendo tesoro del mood ipnotico, addolciscono l’output inserendo chitarra, piano e piccoli rumori fuori asse che cambiano radicalmente il brano originario reinventandolo in una veste patinata di gran classe.
C’è anche una versione targata Jealous Heart (Dinky e Matthew Styles) che riversano il tutto in una dimensione techno minimale che sinceramente non colpisce come dovrebbe soprattutto perché si distacca dalla visionaria e malinconica rappresentazione fornita dall’originale.
Se amate ascoltare musica che non si esaurisca in una facciata canonica per entrare nel cuore e soprattutto nel cervello riuscendo a stimolarli, questo è il vostro disco.