La diversità, la ricerca, un suono figlio di tanti stili fanno dello Scozzese Vince Watson, che ora vive in Olanda, un producer per cui ho provato sempre grande rispetto.
Una marea di produzioni dal ’96 ad oggi sempre in bilico tra il suo personalissimo touch e l’esperienza scaturita dal suo sperimentare, evolversi, osservare, non esaurendo mai la sua visione creativa.
Il suo nome è famoso negli ultimi anni ai più in virtù dei lavori su Delsin e Planet E (ma se date un’occhiata sui siti specializzati vi renderete conto di quanta strada ha fatto quest’uomo) dove ha fatto bruciare una epic dub tech il cui sguardo era sempre rivolto verso Detroit.
Oggi, a 16 anni dal suo debutto su Rotations, viene battezzato anche su Tresor e sin dalle prime linee di “Atom”, quel groove su cui ha tanto lavorato Vince negli anni sottolineandone gli aspetti ipno, diventa più fisico non disperdendo però la magia delle sue intuizioni, tant’è che realizza una techno solida ma sognante, tutta da vivere, energia dancefloor al massimo, zero paranoia.
Atom è felicità tech a occhi chiusi.
“Kaleidoscope” frena e Watson torna su un mood in cui è comunque uno che può insegnare a tanti, anzi a tantissimi: sezione d’archi epica, andamento semplice ma caldo e coinvolgente. Il groove si fa ipnosi e viaggio, una sensibilità vicina alle ultime produzioni di Petar Dundov la cui “Distant Shores” sembra legarsi perfettamente per stile e visioni con questa Kaleidoscope.
Vince Watson su Tresor. Una Magia.