Anthony Child è forse uno degli artisti techno più longevi in territorio europeo, ed è soprattutto uno di quelli che non è mai sceso a compromessi di sorta, vivendo la musica come qualcosa di estremamente personale da coltivare ogni giorno seguendo strade mai semplici o di massa.
E’ dalla metà degli anni ’90 che l’uomo propina il suo sound crudo e ferreo, sempre ai confini della sperimentazione che ha di fatto creato un movimento vero e proprio con base in Inghilterra, un movimento capitanato da lui e Regis che ha portato lo stato dell’arte della techno in una dimensione dark fatta di velocità, potenza e pensiero.
Dalla sua sicuramente un passato produttivo iper prolifico, con diversi album pubblicati per la Downwards, la Tresor e la sua Dynamic Tension, oltre ad una serie di Ep sempre devastanti.
Attualmente i suoi dj set sono delle lunghissime esplorazioni dell’universo elettronico e la sua capacità di missaggio gli consente di variare la proposta dalla techno alla dubstep passando per brani più sperimentali od electro, il tutto cercando di cogliere l’elemento di scientificità che definisce ulteriormente i suoi set come i più articolati attualmente in circolazione.
“Breaking The Frame” esce proprio per la sua label, la Dynamic Tension ed è il sunto perfetto dei suoi dj set. Un album che rivela innanzitutto una maturità artistica ormai definita e, contro ogni aspettativa, una freschezza di idee attribuibile ad un “prime mover”.
Surgeon rende in maniera impeccabile la sua visione odierna della techno, che non dev’essere più figlia incontaminata del groove di Detroit, ma si sposta attraverso altri canali comunicativi di ultima generazione per mezzo della sperimentazione.
Dopo una breve intro infatti ci troviamo catapultati nel nocciolo della questione con “Transparent Radiation” un brano ritmico dove droni ed altre bestie sataniche si aggrovigliano addosso ad un concetto percussivo spezzato ma che nel complesso delle dinamiche riesce a far scuotere il corpo con una sua regolarità. Stesso accade in “The power of doubt” che regala pura estasi grazie alla batteria che emana battiti delicati quasi fosse un improvvisazione jazz dove a posto degli ottoni ci fosse un synth a dispensare melodie e rifiniture.
“Radiance” ti catapulta direttamente all’inferno con i suoi cambi di tono che prendono il brano e lo portano nelle profondità più recondite dove ad accadere è veramente di tutto, da furie di bassi a bordate elettriche circolari.
Il mostro techno per eccellenza è “Those who do not” che sembra riabbracciare vecchie memorie techno che ricostruiscono un po il passato del nostro arricchendolo di una nuova serie di spettri sonori cupi fino all’eccesso.
Ma quel che forse rende speciale questo album è nelle rifiniture ed in brani all’apparenza meno importanti ma a mio avviso fondamentali che fanno da completamento in una visione che non possiamo non certificare come sua e sua soltanto.
“Remover Of Darkness”, “Presence”, “We Are All Already Here” soon appunto dei brani ambient/sperimentali dove è forte una presenza di colore che ci porta ad osservare questo artista con occhi diversi rispetto al passato, convincendoci a fondo sul suo percorso stilistico che definirei ormai senza barriere.
Nuove forme.