John Mendez (Silent Servant) e Camella Lobo in uno dei vinili più interessanti dell’anno.
Nel primo numero di serie la Blackest Ever Black ci aveva tolto le parole con quel Raime Ep che rimane ad oggi una pennellata di catrame su di un vetro incrinato, seguì poi un disco meno “pesante” ad opera dello stesso Raime, forse troppo in linea con la corrente techno inglese che fa capo alla Sandwell District. Non un disco brutto, tutt’altro, ma credo sia logico, dopo un’apertura come quella di Raime Ep, non accontentarsi più di nulla, aspettandosi sempre qualcosa che lasci il segno e sia fuori da coordinate note.
Seguendo poi il blog della label (http://blackesteverblack.blogspot.com/) era assolutamente lecito aspettarsi qualche produzione che andasse ad abbracciare in maniera più aperta l’universo dark ’80 a lungo omaggiato da post inneggianti musica di gente come “Bourbonese Qualk”, “David Sylvian”, “Monoton”, “Death in June” ed altri ancora.
Ad accontentarci è il progetto Tropic Of Cancer già ampiamente rodato con un Ep d’esordio straordinario come “The Dull Age” e da un seguito non da meno come “Be Brave”, entrambi su Downwards.
Questo “The Sorrow Of Two Blooms” continua sulla scia regalandoci un brano immenso come “A Color” che apre il disco scaraventandoci in faccia un destro che fa male. Batteria elettronica in primo piano, droni in sottofondo, chitarra in una serie di accordi che si stampano nella mente come un mantra psichedelico. Poi la voce, quel taglio funereo e rimbombante che è il tono di Camella, ormai inconfondibile, quasi un sermone intonato collocabile in uno di quei monasteri francesi zona “Il Nome della Rosa”. Un mix di romanticismo, misticismo e magia.
“Temporal Vessels” sempre sul primo lato riesce a raggiungere picchi melodici ancora più alti, con il suono di quella che continuiamo a pensare una chitarra ancora più acuto e posto in lontananza, a far da sfondo all’interpretazione corale al solito ispiratissima.
Il secondo lato è tutto per “Dive (Wheel Of The Law)”, forse un insieme delle due precedenti visioni, a dimostrazione di un progetto totale, sentito, pieno di dolore e di ansie, carico di sfumature oblique che sono il vero nettare della label che forse più di ogni altra sta scrivendo un percorso DIVERSO rispetto ai consueti binari dell’elettronica.
L’album sarebbe chieder troppo.