Un’attesa snervante quella per il primo album di Manuel Fogliata, in arte Nuel, un’uscita più volte ritardata a causa di una stampa che proprio non ne voleva sapere di uscir fuori perfetta. Poi un lungo viaggio dall’America opportunamente reso travaglio dalle scintillanti Poste italiane. Ma alla fine eccolo qua, in una confezione che spiega finalmente quello che all’inizio mi sembrò un eccessivo zelo. La cover è semplicemente fantastica ed il colpo d’occhio rimanda a pregiate sete orientali. Un sogno per ogni amante del formato fisico.
Nuel nasce in Emilia Romagna per poi intraprendere l’avventura berlinese che lo fa entrare in contatto con Donato Dozzy, un’intesa immediata che si tramuta in amicizia e partnership produttiva nell’osannatissimo progetto Aquaplano.
Finita l’avventura fuori sede l’uomo cerca un rifugio e lo trova in quel di Montescudo, un comune che conta poco più di tremila anime nella provincia di Rimini risalente al 1200.
Un luogo lontano da facili tentazioni ed isolato al punto di permettergli lunghe sessions in completa anarchia ed introspezione. Ed è proprio durante uno di questi passionali momenti che vede luce il suo primo, fantastico album: Trance Mutation.
A metterlo sotto contratto è la stessa Further Records che in tempi non sospetti si era occupata dell’album di Dozzy, label con un interessantissimo punto di vista che sta proponendo musica di comprovata qualità.
Trance Mutation è un lungo viaggio verso le origini del beat, verso un suono che si spoglia di ogni artificio per riprodurre sensazioni acustiche che non possono non farci riavvicinare alla terra.
Tutto ha luogo intorno alle vibrazioni generate da chitarra, piano e percussioni, in una sorta di sciamanica visione che svela radici ben salde in un battito downtempo che riesce tra le altre cose a chiudere il cerchio intorno alla musica precedentemente prodotta dall’artista, che fin’ora aveva dato saggio di assassine rotazioni techno ed impalpabili atmosfere ambient/drone.
Si è da subito catapultati in una dimensione organica e densa dove il tempo viene scandito in profondità dall’ego di grandi tamburi ed accompagnato in questa danza tribale da altri elementi percussivi che arricchiscono il bouquet donandogli una forma compiuta.
L’elettronica gioca un ruolo se vogliamo secondario ma fondamentale, specialmente in quelle zone buie giù negli abissi dove Nuel è abilissimo ad insinuare tremori di bassline ed altri patinati effetti.
L’altro elemento caratterizzante è senza alcun dubbio l’approccio minimalistico alla composizione delle melodie, tutte le scritture emergono in maniera distinta badando bene a non “sporcarsi” durante l’esecuzione, è per questo che ogni strumento appare allo stesso tempo ben distinguibile ed estremamente godibile, regalandoci questa stranissima sensazione che pone in parallelo una musica proiettata verso una visione paradisiaca (e quindi per sua natura diversa dall’essere reale) con una base ben radicata ad un primordiale senso musicale.
Nuel riesce nell’intento di prendere le distanze da ogni latitudine, chiudendosi al mondo ma aprendo alle infinite possibilità degli stati di trance. Potrete soltanto immaginare il vostro corpo rapito in una danza viscerale che partendo da un remoto angolo del continente nero (oltre che dalle profondità della vostra mente) si elevi in una dimensione parallela che esalti ogni vibrazione arrivando a scuotervi direttamente l’anima.
Quella di non averlo sarà soltanto una discutibile scelta.