L’incubo della tragedia alle spalle, la sofferenza di un popolo che a testa bassa, senza chieder nulla a nessuno ha lottato con unghie e denti per ripartire ed in parte cercar di dimenticare il disastro. Un viaggio in quel Giappone ancora martoriato dal peso delle morti innocenti, l’esperienza di quello che viene narrato come uno dei festival più intensi ed introspettivi di cui si abbia memoria.
Morphosis, segnato nell’animo, traduce in un un nuovo esaltante capitolo musicale le vibrazioni incamerate durante il soggiorno nipponico, rivolgendosi direttamente alla Tepco, la multinazionale incriminata per i terribili avvenimenti post tsunami, e sulla quale pesano da anni accuse di omissioni e finte verità sui rapporti rilasciati inerenti la sicurezza.
L’uomo torna sulla sua Morphine Records e mette in piedi due brani di denuncia dalla forza devastante.
Sono due diversi modi di interpretare la tensione, analizzandola dapprima attraverso uno sguardo posto dietro una vetrata, forse proprio il sordo punto di vista della Tepco, materializzato attraverso un brano ambient crudo, o forse crudele che lascia trasparire tutta la desolazione del caso con i suoi scampanelii, e le tastiere a simulare sirene che sono l’altra faccia della morte. Qualcosa di toccante e per alcuni versi fotorealistico.
Nel secondo brano c’è il vissuto in presa diretta, un lungo viaggio techno tra le macerie di quello che è stato uno dei fulcri dell’economia mondiale, visto però con occhi umani, in un desolante scenario dove il ritmo impersonifica il battito del cuore, la reazione terrena alla crudeltà della vita.
Ancora un pezzo del suo corpo.