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Photodementia Fig.03

  • Label / Photodementia
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 03/2012
  • Style /
  • Rating /
    10/101
Photodementia - Fig.03

E’ mistero fitto dietro questo progetto. La storia vuole che Victor Beaudet e Bernard Davies durante gli anni novanta (qualcuno ha azzardato 1997) abbiano prodotto questo disco chiamandolo Fig.03, pubblicato con il nome di Photodementia in un edizione limitatissima (praticamente solo per gli amici) stampata soltanto su cassetta per giunta.
Altre voci si vanno susseguendo pian piano, alcune ci danno Beaudet come un produttore canadese trapiantato a Washington e persino collaboratore, in un isolato episodio, del grande Richard Davis nel progetto Cybotron.
Di Davies si sa invece che è stato un percussionista, su discogs compare addirittura una collaborazione in un album di Anita Baker e che ci abbia lasciati non si sa con certezza quando.

Tutto è tornato a galla dopo che su youtube sono cominciati ad apparire frammenti di quel vecchio nastro degli anni novanta, piccoli segmenti di poco più di un minuto che hanno mandato visibilmente fuori di testa gli utenti che vi si sono imbattuti.
Da li è iniziata la caccia all’uomo, con ipotesi che hanno toccato punti ben precisi, da Drexciya ad Aphex Twin.

E’ comparso anche un sito: www.photodementia.com, una pagina nera con soltanto un logo, e quì altro piccolo mistero: perchè un sito additato a due produttori di stanza a Washington è registrato da tale Amy Stonier per la Unique Media, agenzia con sede a Bristol?
Ed ancora…Un messaggio apparso su Discogs che fa notare come la grafica del codice a barre sul vinile sia troppo simile a quella dei dischi della Rephlex.

Fermo l’interesse intorno a questo che è l’ennesimo mistero intorno ad un disco di musica elettronica torniamo appunto ad occuparci di essa. Ci pensa il portale inglese Boomkat a stamparci il sorriso in faccia, rivelando la ristampa di questo gioiello su vinile definendolo come “recentemente dissotterrato dagli amici della Rephlex”.
Scatta l’attesa, ritardi su ritardi, fino alla pubblicazione ufficiale, avvenuta una quindicina di giorni or sono.
Faccio subito mia una copia ed eccomi tuffato a capofitto dentro una nuova magia electro che non può non catapultarmi nei ricordi e nella gioia di aver tra le mani un altro pezzo di musica eterna.

Parliamo di dieci brani, per la maggiorparte di breve durata, ma poco conta, perchè quì è la magia vera, quella di saper comunicare con poco, pochissimo tempo. I due brani più lunghi sono posti agli estremi, i quattro minuti e zerotre di “Fotografishe” e i quattro e trentacinque di “Astrography“. Due session che hanno molto a che fare con quell’incredibile creatura detroitiana che è stata Drexciya.

Nel mezzo tutto un immaginario di pianeti lontani, mondi sommersi, fantasticherie da cyber sognatori, un florileggio di tastiere, synth, melodie a volte acquatiche, altre cosmiche, suoni che coabitano in un flusso segmentato, una serie di istantanee sul futuro e sui ricordi, un contrasto acceso tra quello che è stato ed una visione utopica, futuristica del mondo in arrivo.

Ed è proprio in quegli schetch improvvisi, brevi, che si ha il focus preciso della portata del disco, un potenziale inaudito di visione e competenza, di buon gusto e genialità. Momenti a dir poco stellari, andrei subito sui tre minuti di sospensione mistica di “Sporobolus” in assoluto la mia preferita o ancora nel vortice acquatico di “Gyrectomy“, altro capolavoro.
Ma credo ogni amante troverà il suo “io” in un brano differente.
Music is a miracle.