Il Newyorkese William Thomas Burnett dopo interessanti progetti e release su etichette di spessore come T.T.T. , Strange Life, Crème, L.I.E.S, si tramuta in cervo e si concentra su sonorità dal sapore roots. Incontra “No Label Series” (la parte più misteriosa di Rush Hour) e da vita s “Trail of Tears”, un E.p. composto da quattro tracce di matrice house sperimentale, dove synth, chitarre e percussioni la fanno da padrone.
Il buon William viene rapito da una tribù di Pellerossa e colto da estasi magica si diverte a fare incantesimi, tanto che una notte si tramuta in un Cervo Nero e sforna questo sognante 12”.
Il disco inizia a girare “Almost Had A Moment Alone”, l’atmosfera è notturna, solitaria, vibrante, il fuoco riscalda l’aria, le melodie di una chitarra acustica rapiscono in un vortice psichedelico che ci accompagna nell’oscurità delle foreste del Midwest Canadese.
Arriva l’alba “Chief Big Thumb”, il capo tribù prepara le armi per la caccia, vorticosi tamburi sciamanici risvegliano il villaggio, una melodia di synth conduce gli avventurieri affamati alla battuta.
“Native” la preda è vicina, il profondo battito della terra ritma la lenta marcia, gli uomini accovacciati hanno sulle lance dei campanelli con delle piume colorate, urla propiziatorie in distanza, cresce un synth atmosferico avvolgente.
“Trail of tears” il sentiero del pianto trasuda un forte odore di erba fresca, prati sconfinati dove i bisonti sono ancora sovrani di una terra magica. La chitarra ci guida nel paesaggio, la melodia si fa più rilassata, il battito è spezzato e le bacchette riconciliano, note di basso chiudono la via.
Un ritorno alle radici.
Burnett non delude costruendo ancora una volta un racconto sonoro senza via d’uscita.