Era l’ ottobre del 2012 quando la Room40 mise fuori un vinile intitolato Vaporware/Scanops ad opera di Bee Mask.
Era passato soltanto un mese da un magico incontro tra i boschi del Giappone, Chris Madak, in arte Bee Mask era stato invitato a suonare al Labyrinth Festival, luogo di tanti racconti, luogo magico, appunto, a detta di quanti hanno avuto la fortuna di recarvisi. L’incontro è quello con Donato Dozzy.
Vaporware/Scanops è un classico immediato, due brani lunghissimi che si stagliano nelle recondite profondità dell’anima senza più uscirne fuori. Dozzy viene catturato da questo disco, e contemporaneamente approfondisce il rapporto d’amicizia con Madak, un rapporto che porta poi i due artisti a decidere di tentare la strada del remix. Donato entra in studio con la sola “Vaporware” e, accese le macchine, inizia una sessione infinita durante la quale registra fiumi di musica e quello che doveva essere un remix diventa qualcosa di molto più grande. Bee Mask impazzisce per quelle registrazioni e decide di prenderle tutte, seguiranno oscure trattative ed ora eccolo qui. Licenziato dalla Spectrum Spools, un album in tutto e per tutto, “Donato Dozzy plays Bee Mask”.
Sette variazioni sul tema centrale, quello di Vaporware appunto, che hanno inizio con la prima introduttiva, subacquea sequenza che raccoglie eredità importanti come quelle di Ray Lynch in un magico susseguirsi di note che sembrano tracciare onde sinuose e leggere nelle profondità marine. Qualcosa di nuovo, un corpo che si sta spostando ancora e che mette in luce l’estrema versatilità dell’artista.
La sequenza due è l’estremizzazione del lavoro stesso, e l’impatto sonoro ci consegna un modus operandi che è ormai marchio di fabbrica di alcune escursioni ambient di Donato, siamo lì, in quella zona eterea dove l’anima di un brano viene ingrandita al microscopio per rivelare tutti i dettagli, l’analisi massima del momento che va poi ad esplodere nella terza sequenza, un loop spettrale, un eco infinito che risponde in appello alla parola ipnosi. E’ interessante notare come ogni brano venga fuori da una porzione dello stesso originale, non delle riletture classiche, quanto piuttosto una serie di analisi su determinati momenti. Un modo di approcciare alla musica molto selvaggio ed istintivo.
Nella quarta sequenza è proprio un senso di appartenenza tribale a trasparire, nonostante il suono esca dannatamente elettronico il groove rimane ancorato ad una forma di beat primitivo. Un mood espresso in maniera più radicale nel recente 200 Ep. La quinta sequenza è musica cosmica all’ennesima potenza, arpeggi che puntano il cielo mentre il basso segna il territorio in maniera magistrale accompagnato da un punteggio dal sapore metallico che va a dettagliare la cadenza. Una dinamica che sale in progressione ricordandoci cavalcate psichedeliche alla Paul Speer. Un disco che bilancia una pesante influenza che viene dal passato (e che Donato sta elaborando a colpi di sintetizzatori cercando di render personale un vissuto che comunque l’ha forgiato) ad una fresca sete d’elettronica moderna.
La settima sequenza è il cielo che si apre, le nuvole fanno cerchio lasciando un tunnel centrale dal quale si accede direttamente al paradiso. I suoni sono limpidi, suonano come i migliori cristalli e liberano una melodia dolce che inebria la mente cullandola ed avvolgendola come liquido amniotico.
Se questa è la strada che hai scelto sarà un piacere invecchiare con te.