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James Ruskin Jealous God 02

  • Label / Jealous God
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 09/2013
  • Style / ,
  • Rating /
    8/101
James Ruskin ‎– Jealous God 02

Jealous God è la nuova label di proprietà di Silent Servant, Regis e James Ruskin. Come seconda uscita è James Ruskin stesso a proporre un lavoro in solitaria di sei tracce. In vari sensi il tutto suona  come una consegna, come il passaggio del testimone da Sandwell District a questa nuova entità, dove il producer londinese, unico non SD del terzetto, prenderebbe metaforicamente il posto di Function.

Se a livello editoriale la constatazione appare ovvia, è invece da sottolineare come la sua produzione si vada ora a collocare in modo più marcato negli stilemi di questi grandi protagonisti del suono techno degli ultimi anni. E’ infatti cambiato qualcosa. Basti pensare a uno dei suoi ultimi lavori firmati proprio a nome Ruskin, Sabre/ Massk per Blueprint. Oggi James è più minimalista, meno minimal.

Se l’apertura richiama gli Ike Yard passati sotto i ferri da O’Connor, si attenua immediatamente il discorso per procedere lungo una traiettoria più malinconicamente ambient-industrial. Passando attraverso le dispersioni violente e tetre di un Excertp 1 che rammenta la prima sperimentazione noise del belga Dirk Ivens (Dive), per poi sfociare altrove in divagazioni paesaggistiche che non molto si allontanano dall’antico ma sempre attuale immaginario dei Coil di Christopherson e Balance.

Gli stessi brani più techno-oriented sono astratti, diretta filiazione delle elucubrazioni e della visionarietà SD, dove bassi definiti determinano la scansione del tempo attraverso foreste di synth in settima e clangori distorti prossimi a Mick Harris e Justin Broadrick (Into a Circle, non a caso inclusa nel commiato sandwelliano fabric 69), fino a colmare in lontane visioni Deepchord (The Nature Of Our Hunting e la conclusiva What Falls To The Ground). Un glitch soffiato trova un raro spazio di definizione ed eleganza, mentre lo scorrere dell’ascolto sa essere sempre legittimato da un discorso concettuale ben articolato. Sempre che poi di techno tout court si possa parlare, quando invece pare che questa sia stata abbracciata da astrazioni votate proprio al minimalismo più sottile. Come se Yves De Mey, passato da Berlino, fosse ora in vacanza a Birmingham. 

Producer dall’approccio metafisico, chiude un lavoro che già delinea (come ce ne fosse mai stato il bisogno..) dopo la release di SS/S, una volta per tutte la fisionomia della Jealous God stessa. Diretto nonostante l’andamento altalenante, monolitico al di là della varietà (apparente) dei registri usati. Nella perenne mutazione apparente, e quindi spesso fosca immobilità delle sonorità cupe del proto dancefloor, a questo EP spetta una posizione particolare, per la qualità e la profondità di vissuto emotivo che Ruskin riesce a imprimere ai suoi brani.
Tutto torna.

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