Horizontal Ground è la costola dedita al suono più oscuro e di matrice ambientale della Frozen Border, etichetta Inglese divenuta ormai di culto tra gli appassionati di techno.
Gli inglesi hanno sempre avuto un fiuto particolare per i talenti emergenti di questa corrente stilistica e dopo aver lanciato all’attenzione mondiale i lavori di AnD, Skirt e del talento inglese Samuel Kerridge, per l’uscita numero 14 del loro catalogo selezionano i lavori di uno sconosciuto artista italiano che si presenta con il curioso moniker “Monica Hits the Ground”.
Il disco, intitolato funestamente “Reduced Life Expectancy”, si sviluppa in quattro interpretazioni del concetto di techno di derivazione industriale e d’ambiente, una delle quali porta la firma dell’immenso Karl ‘O Connor, al secolo Regis; l’artwork inoltre è curato da un altro peso massimo del movimento artistico in questione, quale lo spagnolo Juan Mendez, al secolo Silent Servant.
Rimirando la foto sul centrino e con questi nomi in mente è già possibile farsi un’idea delle coordinate sonore dell’opera.
Il viaggio parte con “Reduced Life Expectancy 7”, che suona come la colonna sonora moderna di un Dantesco tuffo verso gli inferi, un loop intenso e ipnotico di percussioni massicce e metalliche, vibrazioni sinistre e rumori ed echi spettrali che prende al collo e toglie l’aria mentre si scende in picchiata verso la follia finale.
“Reduced Life Expectancy 3” investe l’ascoltatore con un’onda d’urto sonora: cassa spezzata e imponente e suoni da incubo che si amalgamano alla perfezione in un vorticoso ritratto dai toni nero-grigi in cui convivono perfettamente la furia distruttrice della techno e l’eleganza nera dei suoni d’ambiente scelti dal produttore.
Sul lato B “Reduced Life Expectancy 2” rapisce con un intreccio di percussioni dissonanti, oscure onde cosmiche e disturbati segnali alieni o ultraterreni; un flusso distruttivo di suoni che raggiunge vette di pathos sconosciute a molte produzioni affini; infine in “Reduced Life Expectancy 1 Regis remix” mister ‘O Connor rallenta l’andatura e veste le metriche di MHTG di una monolitica corazza industriale sulla quale cadono minimali suoni liquidi e attraverso la quale tenta di uscire distorto e metallico il suono di una voce malata rotta da bagliori di scintillanti graffi sul ferro.
La prova di debutto del nuovo progetto dell’artista italiano rivela una eccellente attenzione nella scelta dei suoni e della loro successione e intreccio nello svolgersi delle tracce, suoni capaci di entrare in stretta sintonia con la mente dell’ascoltatore che durante l’ascolto immersivo è colpito in pieno dalla potenza del flusso sonoro, che trasporta in tetri e freddi ambienti industriali abbandonati, nei quali si respira e ci si lascia suggestionare dall’odore dell’aldilà e dal rumore dell’abbandono che si manifesta in tutta la sua ineluttabile potenza in una sorte di inquieto rito percussivo ed ipnotico.
E’ un piacere ascoltare techno tanto densa di materia (nera); un disco profondo e coinvolgente.