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Single Reviews /

Fishermen Patterns and Paths

  • Label / Skudge White
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 12/2013
  • Style /
  • Rating /
    10/101
Fishermen – Patterns and Paths

Il progetto Fishermen vede come protagonisti i due svedesi Martin Skogehall e Thomas Jaldemark; i due, già attivi con progetti solisti paralleli su varie label come Rush Hour, Skudge, Mezzotinto e Lørdag, rilasciano come Fishermen nel 2012 il promettente disco omonimo su Skudge White, in cui ci regalano un antipasto di quello che verrà, tratteggiando un quadro techno caratterizzato da tinte acide ed electro deep; ma è poco prima della metà del 2013 che i due sganciano la bomba con la slow-techno esoterica dell’ep “Delirium Tremens” sulla svedese Kontra Musik; l’attenzione quindi si focalizza sui Fishermen, che non si fanno attendere ancora molto e alla fine del 2013 rilasciano sempre su Skudge White “Patterns and Paths”, doppio LP di 12 tracce con il quale dichiarano di compiere il loro ispirato e personale viaggio sonoro nei misteri sconfinati del mare.

Apre “Greenhorn”, e prepara l’agguato fluttuando sott’acqua, a seguire “Hope is Gone” con voci pitchate di Burialiana memoria su ritmi che giocano tra compressioni e decompressioni, synth oscuri e suoni liquidi e sinistri a completare il quadro, in chiusura del lato A la deflagrazione con “Serpents”, capolavoro dal sapore voodoo di percussivismi ancestrali, darkismo imperante e spatolate metalliche in un crescendo continuo dove si aggiungono e si strutturano man mano sulla stesura vari elementi ritmici e sonori perfettamente in sintonia tra di loro.
Sul lato B “Get None” apre i giochi e siamo in puro club style: traccia percussiva e muscolosa su elementi sonori orientati industrial e sample vocali ripetuti come un mantra ossessivo, ricorda lo stile tutto teutonico di gente come Shed; “Dyspnea” invece si muove nel crepuscolo, ritornano gli elementi ritmici tribali in una sessione irresistibile di funk oscuro; in seguito ancora insiste “Lost Teeth”, ossessiva su battiti malati e lanciata a folle velocità nell’oscuro, siamo nel pieno di una travolgente valanga ipnotica.
“The Four Skulls” apre il lato C, e rallenta il flusso impetuoso con un esperimento di ipnotismo deep dai tratti più luminosi e serafici rispetto a quanto ascoltato prima, tuttavia “Rise” ristabilisce la velocità di crociera avviluppandosi su sé stessa tagliente, immersiva e piena di riferimenti cinematici, segue poi “Scurvy”, pregna di richiami mistici su ritmiche sincopate e bassi poderosi.
“In Solitude” si muove sinuosa nei fondali oscuri per poi accelerare vertiginosamente in una fuga ritmica dal sapore electro su synth romanticamente oscuri e bordate di bassi su percussioni mai dome; segue “Sunken Mosque” con la quale il duo esplora interpretandoli finemente sinistri scenari a cavallo tra l’ultraterreno e il mistico/sciamanico, a chiudere “Torments”: techno intrisa di ambient drone cinematica che con la sua sezione ritmica ovattata rimanda ad una riemersione figurata da fondali misteriosi e sinistri.

I due svedesi confezionano un disco fortemente suggestivo, ricco di richiami a varie correnti artistiche magistralmente reinterpretate e fuse l’una con l’altra: ci si ritrovano le sinuosità liquide dei Drexciya, il fragore industrial e oscuro della techno di scuola inglese, richiami percussivi mistico/sciamanici alla Shackleton e Dozzy in quasi tutte le tracce, episodi deep, divagazioni techno sperimentali di nuova scuola newyorkese, scenari d’ambiente cinematico e documentaristico che rimandano ai luoghi che il duo svedese ci raccontano in musica: ricchi di inquieto e fascinoso mistero.
Per la quasi totalità degli ascolti del disco e delle tracce in esso contenute si ha la percezione di muoversi in viaggio in un mondo sottomarino nel quale si susseguono episodi di vita terrestri pregni di esoterismo e post-modernità, una sorta di mondo rovesciato e subacqueo con i suoi riti e il suo “scorrere” della vita fotografato in note decise e fortemente descrittive, unici episodi che rappresentano una rottura di tali schemi sono “Get None” e “The Four Skulls”, decisamente agli antipodi tra di loro pur portando elementi di stile comuni anche al resto del disco, nel quale il filo rosso è rappresentato da un forte richiamo ipnotico e dark.

Un debutto su LP da non perdere per il duo svedese e un disco che non posso non consigliare a qualunque buon appassionato di techno, non lasciate che vi scappi.