Nuovo lavoro per Healing Force Project che va ad inaugurare il catalogo della Sun Cat Recordings, label italiana della quale si sa ancora poco ma che accogliamo con gran calore visto il biglietto da visita con il quale si presenta.
Last Journey To Heliopolis, questo il titolo dell’Ep, aggiorna e spinge in avanti una visione musicale che con grandi sforzi sta diventando scrittura personale e tratto distintivo di un artista che non è mai sceso a compromessi con nulla. Il suono di Healing Force Project è quello di una techno astratta che sperimenta continuamente nuove soluzioni sia dal punto di vista armonico che ritmico, non certo una dinamica pensata per il dancefloor, bensì, se pensiamo alla techno, rivolgiamo il pensiero ai brani più eterei di Jeff mills o alla costruzioni distorte di Ian O’Brien, insomma a quel versante della musica elettronica devoto all’esplorazione delle possibilità piuttosto che al moto corporeo.
Un lavoro prima di tutto spirituale, perché si rifà alla storia egiziana fatta di mille misteri e di strane connessioni. E’ proprio questo il punto, la connessione. Healing Force raccorda nella sua musica una buona dose di sperimentazione, la suggestione degli ascolti direzionati tanto all’elettronica più complessa quanto al free jazz ed alla fusion ed un sampling mai banale, ingredienti che ci danno una prima infarinata su quel che potremo trovare all’interno del disco.
“Come suono e produzione musicale di certo non ho sviluppato nulla che potesse essere consono al dancefloor, ma che potesse far parte di un percorso d‘ascolto ed al tempo stesso fisico”
Il concetto è ben chiarito sul brano che apre il disco, Pythagorean Transcription, suite di quasi dieci minuti che parte con nacchere a tamburelli appena accennati su un pad chiaroscurale che rappresenta in pieno il cosmo per evolvere ancora con delicatezza, avvolto da strisce di luce fino ad un culmine ritmico scomposto e veloce, un sketch inusuale che lo stesso descrive così:
“Ho anche provato, ad un certo punto, a sperimentare una piccola parte quasi “Drum N‘Bass” nella traccia Pythagorean Transcriptions che va a chiudere il pezzo…Questo per me è un punto di sviluppo per progetti futuri che deriva dalla ricerca personale di suoni e ritmiche.”
Il Jazz dicevamo, Ripple Tank inizia con uno di quei soli di batteria tipici di quell’aureo universo, per spingersi oltre con il pianoforte elettrico soffocato da questa orgia ritmica. E’ un concetto di caos complesso che riesce a farsi luce con un’estetica che non risulta mai di difficile comprensione, forse proprio grazie alla semplicità delle melodie realizzate con poche note.
In Unconventional Trajectory (che apre la b-side) tutto si fa estremamente chiaro, quello proposto è un viaggio senza meta, e forse proprio per questo dobbiamo gustarne il percorso, e qui parliamo di musica ambient invasa di contaminazioni jazz che vengono però servite con il contagocce, piattini in lontananza, echi di flauti e triangoli, percussioni di ogni tipo, scomposte, centellinate e reinserite in un contesto nuovo che ha l’aspetto dello spazio inesplorato. I synth danno una mano ma è il progetto in se stesso a fare la differenza, un’idea messa su carta, brani, dischi che rispondono a delle idee concepite prima nella mente, poi su supporto.
Point Of Oscillation è il brano di rottura, differisce dal resto per questa sua alienazione techno fatta di battiti e reverberi, di equalizzazioni distorte ed innesti di sonorità aliene, un brano che esce volutamente dai canoni per tornare a parlare con un’arma ben più potente, l’utopia.
Molecular Horizon punta su un suono straniante, con i pads mandati in distorsione che creano la base mutante del pezzo mentre su tutta la stesura vengono sperimentate soluzioni ritmiche rarefatte ed echi di ogni tipo. Se nel primo lato assistiamo ad un suono più terreno e se vogliamo “fisico”, nel secondo lato l’anima si stacca dal corpo per raggiungere quella zona inesplorata che in tanti hanno definito futuro.
In esclusiva, lo streaming integrale dei brani!