Tale suggestivo disegno dai tratti medievali che viene puntualizzato dal distinto atto di Thomas Köner, nominato Topografia Del Vuoto, attraverso cui il progetto Lux si è fatto portavoce, sancisce l’unione di elementi che hanno colto la nostra attenzione. In occasione dell’installazione che il tedesco ha riservato al Museo Laboratorio d’Arte di Città Sant’ Angelo, sito in provincia di Pescara, percorrendo le strade del borgo d’arte ed ascoltando le storie degli abitanti, abbiamo raggiunto l’antico complesso per incontrare uno dei curatori della mostra, Marco Marzuoli. Il fondatore del progetto Lux ci ha raccontato attraverso le sue parole e quelle di Thomas Köner, cosa è accaduto esattamente.
τόπος/ topos, γραϕία / graphia- the writing about a place cannot start before the place has been studied, observed and listened to. And where is that place, Vuoto, Void? Does it even exist? There is a sense of place (topos) at the core of my works. I travel Around the world and record sounds and images. They are unique voices of these locations, but I’m aware that these expressions are just surface effects.
They creative process, my work, evolves from my understanding of that sense of place and its radiance. It provides me with a strategy and also sparks the basic intuition of my art, slowly radiating from its center tothe outside, where it will eventually appear in the aesthetic register, as beauty. For the understanding of sense of place it is helpful to exclude what is not: It is not a realization that could be accomplished by the practices know as field recording, a sonic description or visual commentary on a geographic location (Thomas Köner).
Topografia del Vuoto nasce anche grazie al progetto Lux prima ancora di incontrarsi con l’estetica di Thomas Köner. Quali sono i caratteri di questo progetto sin dalle sue origini e quali gli ospiti che nel tempo sono diventati suoi particolari?
I tratti somatici di Lux non hanno avuto genesi immediata, ne progettualità scientifica, sono piuttosto rughe di un lungo periodo di scambio culturale, fra pochi appassionati di musica ed arte, rifugiati fra le mura del Museo laboratorio di Città Sant’Angelo (PE). Un atto di sopravvivenza, di rifiuto della mediocrità centro italiana, di isolamento generativo. Per molti mesi, abbiamo osservato dall’interno le dinamiche di uno spazio storico dell’arte contemporanea abruzzese (quindi ‘locale’/’localizzato’) con sguardo alieno, notandone, da un lato, lo sterile presenzialismo “di rappresentanza” autoctono, e dall’altro gli sforzi, ciechi, di chi non può sottrarsi (per natura) all’espletamento di attività culturali e di ricerca. Consapevoli delle dinamiche reali dell’arte e del suo mercato, della distanza economica e geo-politica fra la stessa e la nostra realtà, abbiamo deciso di strutturarci affinché il nostro territorio non fosse un rifugio di esclusi da circuiti metropolitani, ma un luogo di ricerca e poesia, ricalcando l’originaria identità laboratoristica del Museo, ed indirizzandola verso sinergie linguistiche, di difficile collocazione galleristica: musica ed arte visiva.
Abbiamo rotto gli indugi installando Blue.Hour di Yann Novak (un video prodotto da Farmacia901 del nostro Fabio Perletta all’interno della Chiesa di Santa Chiara (sempre Città Sant’Angelo, 2014). Subito dopo, armati di una buona dose di incoscienza e determinazione è stata proposta una personale al duo Basinski/Elaine: una sorta di struggente battesimo, oltre che una fondamentale presa di coscienza. Con l’inestimabile supporto di Rossano Polidoro (Triac, TU M’) ed Enzo De Leonibus (direttore del Museolaboratorio), si è riusciti nel confronto con l’estetica di una delle produzioni di quest inizio secolo che più a lungo ricorderemo. È succeduta poi la collaborazione con Richard Chartier e Christina Vantzou, abbiamo continuato a lavorare con Yann Novak (Dancity 2014, co-curatela di Carla Capodimonti) per poi arrivare fino a Thomas Köner. A questo punto era impossibile non dare adeguata visibilità al progetto, così, è nato Lux. Gli attori, li trovi tutti citati in queste righe (Marco Marzuoli).
L’ importanza dei luoghi in cui è stato scelto di realizzare l’installazione di Thomas Köner e la realizzazione della stessa è senza dubbio l’ ingrediente che comporta più di tutto l’ impatto acustico-visivo, Museo Laboratorio di Città Sant’ Angelo è uno spazio di pregio architettonico in riuso. Raccontaci come dalla scelta del luogo si è sviluppato il tutto.
In realtà, come dicevo prima, il luogo non è stato scelto, ma ci ha scelto, ed a sua volta sceglie gli artisti. Conosciamo lo spazio ormai alla perfezione, lo viviamo da anni, ci rendiamo subito conto di cosa vi funziona e come ‘aiutarla ad essere’. La struttura, affascinante e fatiscente, obbliga delle soluzioni e dei vincoli, bisogna ‘sentirla’ senza rivelarne le imperfezioni. Sarebbe sciocco ed altresì megalomane pensare di imporvi delle opere, saremmo sconfitti. Noi, operatori ed artisti, siamo di passaggio nella storia del Museolaboratorio. Gli spazi che furono Convento, poi Campo d’Internamento, Manifattura Tabacchi ed in fine museo, vivono, con ciascuna mostra, un’ennesima caduca mutazione, meno dannosa è la mutazione, più lo spazio risplende.
È stato lo stesso Köner a leggere l’architettura e, in tacito accordo, capirne la risonanza. Gran parte dei progetti Lux sono effimeri nella loro matericità installativa, come la luce ed il suono (appunto), hanno bisogno di riflettere, riverberare, confrontarsi con lo spazio e la percezione per poter materializzarsi. ‘Topografia del Vuoto’, così come la nostra ricerca, studia attentamente le relazioni percettive fra arte ed ambiente, dove l’opera e lo spettatore vivono il tempo nel loro fruirsi. Credo che senza il Museolaboratorio non esisterebbero ne Lux, tantomeno Topografia del Vuoto (Marco Marzuoli).
Field recording as a practice actually combines three sets of activities, which could more precisely be described as “field listening”, “field recording”, and “field playback”, and I will explain briefly why these are not helpful.
Field listening is just ordinary listening, unless you claim or enforce that listening to This (sonic situation) is more rewarding/ interesting/valuable than listening to That. “Field playback” of the recorded situation is impossible as well. What we have is the playbackof a loud speaker-emitted noise, which is surrounded by various amounts of other ( not loudspeakeremitted) noises. A sound created by a loudspeaker is not a sound, it is a loudspeaker-created sound.
My audiovisual works are often characterized by a very low event density. To work with the attention span is almost like the painter working with his brush: these lines are lines drawn with an invisible ink, shapes that disappear and re-emerge and that are experienced as a palpable part of the work’s texture. The composer’s assertion that “the composition” is “complete” can immediately be disproved by claiming the opposite: what if I declare it is not finished, something is missing and call it incomplete.
The composer’s assertion that the composition is finalized can never ever be verified. It is believing in the idea of a composition that generates it. This means that we do not have a single complete composition: Music does not exist. And how could it? The beat has no presence and can only point to the following beat, the insubstantial note depends completely on its neighbors in the melodic line, the chord is dispensable after its harmonic release and one abstract noise obstructs the other. These elements are obviously marginal, peripheral gestures that I have emphatically peripherized in my work.
The only expression that is independent and able to communicate itself is tone colour. Tone colour is not a sign, but a spectral power that enables resonance. And as it became clear, the mysterious seed, the topos of all sonic expression, lies in tone colour, or better, lies in the awareness of it, which is its resonance. The textbook definition of tone colour can only describe what it not is: qualities of sound that are not related to pitch, volume, or duration. Tone colour is therefore the absence and yet the total presence. For example, a mother reading a fairy tale to her child is reading words made of letters – but the child hears the mother’s “I love you“ in her voice. This is resonance. Let us liberate sound into the radiance of the clear space! (Thomas Köner).
A cavallo tra ‘Tiento de la Nieves’ uscito nel 2015 opera “Denovali” E ‘Tiento de la Luz’ che uscirà a febbraio prossimo si trovano i tratti di “Topografia del Vuoto” cosa deve aspettarsi il visitatore, quali composizioni in particolare verranno proposte durante il percorso espositivo?
Topografia del Vuoto si pone come una sorta di mandala antologico, un’esplorazione trascendentale, un passaggio ‘mimetico’ in una carriera trentennale. Nell’exhibition, una composizione site-specific, circolare, guida ‘l’avventore’ verso ritrovamenti visivi crocevia della carriera di Thomas. Le immagini di ‘La Barca’, ‘Suburbs of the Void’, ‘Novaya Zemlya’, ‘Can you beat out the sky, hard as a metal mirror?’ e di un video inedito, fluttuano in una soundtrack di oltre 40 minuti. Il suono che invade le sale espositive ci rivela un Köner al contempo ‘sinfonico’ ed identitario.
Lontana dalle verticalità atonali di ‘Permafrost’ e ‘Teimo’, la musica in questione ha fascinazioni quasi ‘romantiche’ (nella sua accezione artistica). Con grande sapienza, il Maestro, esorcizza l’installazione complessiva da pericolose dinamiche immobilistiche, creando lenti paesaggi cinematici affioranti dal vuoto. Non è un caso se ‘Topografia del Vuoto’ si colloca fra ‘Tiento de la Nieves’ e l’imminente uscita di ‘Tiento de la Luz’, opere in cui l’artista si allontana apparentemente dalla psico-geografia per confrontarsi con una scrittura ‘musicale’ nel suo senso più essenziale, dove gli elementi semiotici sono quelli propri di un più classico vocabolario di riferimento. Un Köner introspettivo, ora più di prima alla ricerca di una pacificata purezza ed armonia estetica (Marco Marzuoli).
Quali sono state le risposte finora del territorio sia rispetto ai fruitori dell’installazione quindi a coloro che ne apprezzano la sua “Forma” e sia a coloro che ne hanno delineato la “Norma” quindi le diverse istituzioni?
Probabilmente è poco ortodosso, ma col tempo e lavorandoci, stiamo imparando a tenerci alla larga dalla risposta del territorio, per il bene del territorio stesso. Non credo che i fruitori locali siano interessati (se non in minima parte) alla nostra proposta, se decidessimo di progettare in maniera localizzata dovremmo invitare altri personaggi al posto di Köner, migliorerebbero i risultati economici, ma entreremmo in una dimensione di consumo sia di Lux che del territorio stesso.
Tu stessa, ad esempio, nel visitare la mostra hai posto l’accento sull’architettura, sul paese e quindi sull’identità geografica, è nel tuo interesse primario, la mostra ti ha presentato Città Sant’Angelo. Si spera, ora, tu abbia una percezione dell’ambiente urbano valorizzata da ‘Topografia del Vuoto’. Così gli artisti. Ritrovarsi alle 4 del mattino ad assistere ad un field recording spontaneo di un maestro delle composizione contemporanea, in un paese di poche migliaia di abitanti, significa spingere il paesaggio verso l’eternità.
Parimenti, un brano scritto ad hoc per i riverberi dell’ex Manifattura Tabacchi, da una colonna della musica d’ambiente, internazionalizza la struttura stessa. La posta in gioco è troppo preziosa, non ci curiamo più del dovuto dell’appetibilità locale, forse per l’estremo amore che nutriamo nei confronti del nostro habitat. Le istituzioni, al momento, si sono dimostrate sensibili. Ci auguriamo che con il tempo, il nostro contributo possa aiutare Città Sant’Angelo a divenire un avamposto di ricerca e studio del suono e dell’immagine in movimento (Marco Marzuoli).