Lo diciamo subito: Painless è uno di quei capolavori che escono una volta nella vita, nascono da un serie di strade che si incontrano e sono sintesi di episodi che si rincorrono e, come spesso accade, rimangono atti unici, isolati, perfetti.
…
Le strade prima di tutto: The Connection Machine è un progetto di due artisti olandesi, Jeroen Brandjes e Natasja Hagemeier: lui attivo dagli anni ’80 nel campo della musica con progetti wave/industrial, lei pianista classica, son entrambi appassionati di arti visuali, computer e teorie cyberfilosofiche.
Subiscono la fascinazione della prima techno visionaria che arrivava da Detroit alla fine degli anni ’80 e inizio ’90 e decidono di comprare un sampler e un computer ed iniziano a fare i primi esperimenti in ambito acid e techno.
Le prime tracce del duo sono pubblicate solo su cassetta dalla Drome Tapes nel 1992/93 sotto vari pseudonimi, tra cui proprio “The Connection Machine”, nome ispirato all’omonimo supercomputer creato all’inizio degli anni ’80 al MIT di Boston.
Gli anni d’oro per la techno europea sono in pieno svolgimento: il gruppo di artisti coinvolti nel progetto Drome Tapes nel ’93 si riorganizza e fonda la leggendaria U-TRAX, che in 4 anni pubblicherà una ventina di 12″ di chiara ispirazione Chicago e Detroit ma con un taglio più europeo, una attitudine a tratti più spontanea (viene in mente la Irdial), a tratti più leftfield e di ricerca, comunque qualitativamente in linea con quanto stessero facendo nello stesso periodo la Djax, la Eevo Lute, la Prime ed altre label protagoniste della techno olandese di quegli anni.
E’ su U-TRAX che il suono dei The Connection Machine inizia a farsi unico e personale, e le strade di cui sopra iniziano a convergere: The Dreamtec Album (1993, un various artists di pseudonimi che celano sempre i nostri due olandesi), contiene i trademark che troveremo poi organici e pienamente sviluppati in Painless e nelle altre loro release: voci scifi, armonie subdole, ritmiche mai banali, melodie sempre in primo piano, ma soprattutto quello che è il vero elemento fondamentale del gruppo, un suono mai fine a sé stesso ma portatore di un senso di malinconia e un sentimento a tratti di spiazzamento, a tratti sinceramente ‘elevating’.
Nel 1994 incrociano la loro strada con quella di Carl Craig, che arriva da un periodo magico di release che lo fanno uno dei principali esponenti della second wave di Detroit: il boss della Planet E Communications pubblica il 12” capolavoro che porta il nome di Bitflower, 4 tracce perfette nella loro unicità ed ispirazione.
Nel 1995 tornano su U-TRAX con un 12” più concreto, Utroid Machine Missions – Black Hole EP, e pubblicano un cinematico ed opalescente remix per l’esordio della Environ di Morgan Geist, che non gradirà particolarmente il trattamento alla sua “Smear” ma deciderà (per nostra fortuna) di pubblicarlo ugualmente.
Il periodo di metà ’90 è cruciale per le sorti del duo olandese: Carl Craig chiede loro sì di prepare un album, ma nel mentre il filone della techno più melodica della Second Wave raggiunge l’apice poco prima del declino di quel suono, con la pubblicazione dei capolavori Landcruising di Carl Craig, Metaphor ed sibillino Azimuth di Kenny Larkin, Soundtrack [313] di Detroit Escalator Company, e così via. Infatti un suono più house ed organico si sta facendo strada, sia nel catalogo della Planet E (Moodymann, Recloose) che nelle preferenze del pubblico europeo così attento a quello che succede nel cuore del Michigan.
Il risultato è questo: l’album non uscirà mai e le strade di Jeroen e Natasja si separano poco dopo.
Fast forward agli anni 2000: in rete si vocifera da tempo di un lost album, ormai considerato quasi leggendario visto lo status di culto di cui gode il duo, autore di così poche ma ispirate release: io ne scopro l’esistenza da un articolo di Tim Barr, il che accresce ancora di più la curiosità e la speranza di nuovo materiale in un futuro non meglio definito.
Improvvisamente nel 2004, gli shops annunciano Painless, album pubblicato dalla piccola ma agguerrita Down Low Music (leggi la storia) di Dallas.
Fin dal primo brano si viene proiettati in un oceano di suono retro-futuristico: accordi malinconici di tastiere analogiche, drums ovattate cariche di riverbero, linee di basso portatrici di un groove meccanico ma sincero, 303 languide, melodie distanti su cui si adagiano voci scarne, che riescono tuttavia a descrivere un mondo senza sofferenza che non esiste se non nell’immaginazione del duo olandese, e ora tramite la loro Connection Machine, ha raggiunto anche noi.
Painless trasuda futuro, ispirazione e malinconia da ogni suo dettaglio: dai titoli dei brani che ci descrivono un mondo utopico, alla copertina critica verso lo strapotere dei monopoli della comunicazione, al canovaccio techno che qui diventa pura espressione personale.
::::
Abbiamo contattato il quartier generale della Down Low Music, per capire un po’ di più la connessione tra il singolare duo olandese e l’ottima label Texana.
Quando e come hai ascoltato per la prima volta i The Connection Machine? Quale fu la tua reazione alla loro musica?
Minto George: La prima volta che ascoltai la loro musica fu nel 1995, quando riuscii a comprare il loro 12 su Planet E (A Dallas avevamo un magnifico negozio di dischi chiamato Bill’s Records & Tapes. Bill aveva di tutto, non scherzo!)
Questo fu preceduto dal remix che realizzarono per Morgan Geist (la traccia era Smear) sul suo Premise Ep su Environ. Quando ascoltai questo remix ricordai di nuovo quel vinile blu per Planet E, così corsi al negozio e li acquistai senza neanche ascoltarli. Quando tornai a casa misi il disco sul piatto e mi sedetti ad ascoltare. Fu una delle musiche più belle che avessi mai sentito…da sogno, personale ed unica. Da li sono poi corso dietro ad altre uscite che avevano fatto per etichette come la U_TRAX o la sua sublabel PHOQ U. Era musica brillante che ancora oggi torno ad ascoltare volentieri.
Si dice che Painless è un lost-album che doveva esser pubblicato dalla Planet E nella metà degli anni ’90. E’ vero? Penso che non sia mai stato pubblicato in quanto il suono della Planet E in quel periodo stava diventando più house. Qual’è la tua idea in proposito, hai qualche informazione in più?
E’ in gran parte vero. Molti dei pezzi presenti sul demo che ho ricevuto erano stati inviati a Carl Craig. Ed a Carl in realtà piaceva ascoltarli in auto. Il motivo per il quale non sia stato pubblicato dalla Planet E rimane un mistero. Sono sicuro che Carl avesse un label manager in quel preciso momento, mentre non so con precisione chi ci fosse prima che prendessero la direzione jazz-house. Ricordo che Brendan della Interdimensional Transmission fu coinvolto per un po e magari anche Meredith Ledger…
In che maniera il disco è arrivato alla DownLow Music dopo tutto questo tempo? Era qualcosa di programmato o frutto di qualche coincidenza?
E’ stato durante la primavera del 2002, quando la Down Low stava nascendo e noi (JT Stewart ed io) stavamo programmando le future release. Misi un messaggio sulla mailing list di 313 (Una lista di discussione sulla techno di Detroit che esisteva prima dei forum e dei social) chiedendo se qualcuno sapeva come poter contattare i The Connection Machine. Ricevetti un paio di risposte da uno dei membri della mailing list: Hans Veneman (TV-99-AD su Eevo Lute) e da un tipo britannico che si chiama Robert Webb.
Hans mi fornì un indirizzo email, mentre Rob mi inviò un demo-tape che gli inviarono nel ’99 per una label che era in procinto di lanciare. Rob fu gentilissimo ad inviarmi una copia di quel nastro, e quello è stato l’inizio dell’album che abbiamo poi pubblicato. Una parte delle tracce erano proprio su quel tape, mentre altre mi sono state poi inviate da Jeroen.
Painless è un lavoro molto concettuale, sia musicalmente che graficamente. Com’è stato lavorare con Jeroen e Natasja sull’album ed i suoi dettagli?
Sono entrambi tra le persone più gentili con le quali mi sia capitato di interagire (nonostante non li abbia mai incontrati dal vivo; JT è riuscito ad incontrarli e potrà parlarvi di quanto dolci ed ospitali siano stati). E’ stato molto facile rapportarsi con loro, la maggior parte della corrispondenza era con Jeroen. E’ stato molto umile circa qualsiasi decisione ed anche molto paziente con i nostri tempi di pubblicazione. C’è stato parecchio scambio di opinioni sulle tracce da inserire e sul loro posizionamento, ma alla fine siamo riusciti a trovare un accordo e JT ha curato tutta la progettazione.
Il concept del logo Windows Media invertito è stato un’idea di Jeroen e ci è subito piaciuta. Doveva esserci anche un 12” con un remix di Harmonic Resonance fatto nientemeno che da Carl Craig, il quale ci aveva inviato un mp3 del lavoro…e successivamente smarrito il file master come mi disse poi di persona. Fu una grande delusione.
Qual’era invece il loro approccio circa questa musica “vecchia” non ancora pubblicata?
Ricordo che inizialmente furono molto cauti, poi man mano che hanno avuto modo di conoscerci e capire le nostre reali intenzioni circa la musica, sono saliti a bordo per pubblicare questo album con noi.