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Terzo appuntamento con Recovered Frames la nostra serie di mixtape basati su un concetto particolare: alcuni produttori hanno molti brani mai completati, versioni alternative, vecchie registrazioni accantonate, un patrimonio musicale che rischierebbe di andar sepolto per sempre e che loro stessi, in un primo momento hanno deciso di mettere in disparte. Musica che potrebbe mostrare un lato inedito ed interessantissimo di questi artisti. Un lato che vale la pena mostrare.
Il terzo episodio è firmato da Panabrite, produttore americano che amiamo e che siamo onorati di ospitare!
Di seguito il link per acquistare la Cassetta in edizione limitata, poi l’intervista ed il link per ascoltare in streaming! Buona lettura e buon ascolto.
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Inizierei chiedendoti quanti brani sepolti hai trovato aprendo i vecchi archivi…
Negli ultimi otto anni ho realizzato circa mille brani, attraversando varie fasi ho prodotto esperimenti, brani pop, brani acustici per sola chitarra, drones, delle bozze, alcune prove di brani techno ed altri pezzi che non saprei come definire. Ho due hard disk esterni pieni di musica, molti brani senza neanche il titolo…è molto difficile anche per me ricordare cosa ho prodotto. Spesso trovo dei brani dei quali ignoravo l’esistenza e che mi sorprendono particolarmente perché entrano nel mood delle cose che mi piacciono in quel dato momento. Ma sento che molti di questi schizzi hanno bisogno di rimanere nascosti, specialmente i pezzi più vecchi.
Questo progetto è molto interessante ed allettante, perché mi permette di infondere nuova vita a questi brani presentandoli come una sorta di mix che può donargli una nuova sensibilità. Anche dei vecchi brani possono risultare freschi in un contesto simile.
Puoi spiegarci i motivi che ti hanno spinto a tener nascosta questa musica? E più in generale quali sono i parametri di valutazione che ti consentono di stabilire se ultimare o meno un brano o decidere se pubblicarlo o meno?
Mentre un tempo il mio obiettivo era mettere fuori più cose possibili, da un paio di anni a questa parte mi sono ritrovato ad essere più pignolo su quel che effettivamente devo pubblicare. Davvero, non voglio più sposare questo tipo di approccio, soprattutto perché ci sono un mare di artisti che in questi tempi stanno mettendo fuori una marea di produzioni. Alcuni amici mi prendono in giro sul fatto che metto fuori album a ripetizione, ma questo non è assolutamente vero, soprattutto negli ultimi tre anni. Il 2012 è stato invece un anno folle. Probabilmente in quell’anno ho rilasciato qualcosa come sette o otto album tra cassette, vinili e cd. Questo non accadrà più.
Di solito mi sento ispirato a comporre un album quando ho un’idea tematica e quindi spero di realizzare delle tracce che siano in qualche modo collegate tra loro. In caso contrario possiamo parlare di compilation …come Recovered Frames appunto! E’ raro sedersi e comporre tutti brani diversi in successione, perdipiù farli tutti così bene da volerli utilizzare, e questo diventa ancora più difficile quando cominci a chiedere di più a te stesso.
Quando entri in studio parti sempre da un idea prestabilita o lasci fare all’istinto ed alle sensazioni di quel dato momento?
Lo scorso inverno il mio studio è stato il tavolo della mia cucina. Non inizio mai una sessione con qualcosa di composto, almeno in maniera formale, visto che non leggo e non scrivo musica. Di solito mi siedo e comincio a pasticciare con i synth o con una serie di accordi cercando di ottenere un flusso sciolto che rappresenti quello che ho in testa in quel momento, sia che si tratti di un flusso ambientale o di qualcosa di più ritmico. A volte mi siedo ad armeggiare per ore e non succede nulla…veramente la cosa peggiore!
Alcune volte ho voglia di realizzare musica completamente ambientale, altre di fare cose più ritmiche o che seguano le texture dei miei synth. Non credo sia una buona cosa quando alcuni produttori sentono di dover fare sempre lo stesso tipo di suono. Credo sia molto più sano aprirsi e sperimentare nuove strade, e questo non vuol dire che tutti dovremmo provare a far techno o qualcos’altro, semplicemente di provare ad incorporare altri elementi nel vostro suono o di fare anche cose completamente opposte a quello che la gente si aspetta da voi. Creare un proprio mondo pieno di mille suoni vi farà provare altrettante emozioni e stati d’animo, questo accade con la vita, perché non dovrebbe esserlo anche con la musica?
Quanto l’ascolto di musica di altri artisti può condizionare il tuo modo di produrre?
Tendo ad essere attirato in diverse direzioni in ogni momento, dato che ascolto moltissima musica e tutta diversa. Amo molti generi musicali, dalle soundtracks, prog, brasiliian, modern classical ecc…Anche un po di rock classico. Quindi tutto questo in qualche maniera influenza la mia musica. Posso avere alcune abitudini o modelli quando produco, ma nella mia mente sto traendo ispirazione da elementi disparati, nella speranza che questi possano poi riversarsi in qualcosa di coeso nelle mie produzioni.
Che effetto ti ha fatto tornar a riascoltare questi vecchi lavori dopo molto tempo?
Diciamo che ho avuto alcuni momenti in cui ho esclamato “wow”…seguito da altri momenti nei quali ho pensato che qualche brano sarebbe dovuto rimanere nascosto.
Sei pronto quindi a dar in pasto al pubblico questi archivi nascosti?
Certo! Credo che questo sia un aspetto interessante nella carriera di un compositore; l’ascolto di una compilation di quello che sostanzialmente sono schizzi ricontestualizzati in qualcosa di nuovo. Credo sia venuto fuori bene. Ho consapevolmente compilato il tutto a seconda dell’umore. Il primo lato è più un affare ambientale, mentre il secondo è più ritmico. Questo può suonare come un mix di brani di più artisti diversi, ma sono orgoglioso di questa risultante.
ASCOLTA IN STREAMING
We are proud to present our first tape series called Recovered Frames and based on a particular concept: many producers have lots of unfinished tracks, alternative versions, old recordings left in a virtual drawer…music that would never be published in the intentions of the artists, but here comes the original idea of the electronique crew…
These works even if never published, they represent a hidden side of the producer that would be interesting to show. Every month we reveal a new limited edition tape full of unreleased tracks by a series of selected producer.
The third episode is signed by Panabrite, American producer that we love and we are honored to host!
Here is the link to buy the limited edition cassette, then the interview and the streaming link! Happy reading and good listening.
I would start by asking you how many tracks, sketches, demos & ideas have you found by opening the old archives …
I have probably close to a thousand tracks from over the last 8 years, in various stages and including many different sounds: experiments, sketches, pop songs, drones, acoustic guitar jams, some techno-ish experiments, and even some fully formed tracks that never fit in with anything else. I have two large external hard-drives filled with a seemingly endless amount of tracks, many with no specific titles, so it’s really hard to find something that I may barely remember doing. Often I find a track that I have no memory of making, which is pretty amazing when I actually like it. But I do feel that many of these sketches need to remain in the vaults, especially some of the oldest ones.
It’s an enticing proposition to sift through this material and breathe new life into it by presenting as a “mix”, having tracks fade into and out of one another, creating a new overall sensibility, one that’s likely far different than you would have devised the first time you made each track. Old tracks can even sound new and fresh in this context.
Can you explain the reasons that motivated you to keep this music hidden? And more generally, what are the evaluation parameters that allow you to determine whether or not a song has to be completed or decide whether to publish it or not?
Having done this for a few years now, I like to be more picky about what I actually release, whereas it used to be about putting out as much stuff as possible. I really don’t prefer that approach anymore, especially as there are so many artists these days putting out a lot of work at a high volume. It’s really hard to keep track of releases. Since it is easy to self-release something it means there is an endless supply and it’s simply overwhelming. Friends joke that I put out an album every few months, but this is absolutely not true, especially over the past three years or so. 2012 was an insane year. I probably had about seven or eight releases that year, in tape, CD and LP. That pattern won’t happen again anytime soon.
I usually only feel inspired to make an album when I have a thematic idea, and then all the tracks hopefully fall into place and feel related somehow. Otherwise it can feel like a “compilation”, which is perfectly fine in a different way (specifically relating to the Recovered Frames concept). It’s rare to sit down and make several tracks in succession and have them all be decent enough to want to use, and it gets more difficult as you start to demand more of yourself.
When you enter in the studio do you always start from a predetermined idea or leave it on instinct and to the sensations of that precise moment?
Full disclosure, this past winter my “studio” has been my kitchen table. I don’t go into a session with anything composed, at least formally, as I don’t read or write music. It’s usually me sitting down and starting to mess around with synth patches or a set of chords, trying to achieve a loose idea I may have in my head at the time, whether it be more of an ambient or rhythmic nature. Sometimes I sit and tinker for hours and nothing happens, which is the worst feeling. All of that gets figured out more as the process moves along. Sometimes I want to make something completely ambient, other times I really want to make use of mechanical rhythms and textures that syntesizers provide.
I don’t think it’s good when people feel they have to do one sound all the time. It’s interesting when people think it wise to stick to something in order to be legitimate or whatever, but I think that’s ridiculous. To me it shows variety and openness of mind to allow other elements into your music, not to mention it’s healthy for artistic growth. I’m not just talking about everyone suddenly going techno, but keeping an active variety in your ongoing pursuits. I think it’s great if you want to incorporate “pop” elements into your sound, or do something completely the opposite from what people would expect. I don’t get why some people are against this. Creating your own full world of sound includes touching on many emotions, moods, from quiet and tranquil to loud and aggressive. That’s life, why shouldn’t it appear in your music?
How the listening of music from other artists can affect the way you produce?
I tend to be pulled in a few directions at any time, given that I love and listen to so much different music. I don’t sit around and only listen to cosmic drone or new age or whatever. I love many genres from numerous eras:
gamelan, soundtracks, prog, Brazilian MPB, modern classical, etc… even some classic rock. So all of this informs my music somehow. I may have certain habits or patterns when I produce, but in my mind I’m drawing inspiration from disparate elements, hoping to combine everything into something relatively cohesive.
What effect has sorted you to listen to these old tracks after a long time?
Let’s just say I had a few “wow” moments, followed by several thoughts of “this should stay in the vaults”.
You’re then ready to present these hidden archives?
Sure, I think it’s an interesting look into a composer’s process; listening to a collection of what are essentially sketches recontextualized into something new and updated. I think it turned out well. I consciously split up both sides according to mood/tone. The first side is more of an ambient affair, the second more upbeat and rhythmic/pulse driven. Sure it can sound like a mix of different artists, but I’m kind of proud of that resultant variety.
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