Avvia una carriera solista dopo aver passato la prima metà dei ’70 insieme ad i Bar-Kays (band sfortunatissima che ha visto morire diversi membri in un tragico incidente aereo nel 1967) ed incide sei album tra il 1975 ed il 1982 in quello che è stato sempre il suo stile, una sorta di R&B/Soul che in diverse occasioni si è concesso alle lusinghe del funk e della disco.
Nel 1979 arriva il suo album ad oggi più conosciuto ed osannato, Get Up, un disco concepito proprio nel periodo di massima espansione della Discomusic e composto con tutti i crismi del caso. Il singolo più famoso è proprio quello che da il titolo all’album, campionato in più occasioni da gente come Africa Bambaata e Deee-Lite, parliamo di un mostro groovistico dove la jam tra chitarra e basso crea un vortice funk irresistibile trainato dal cantato di Burch mai cosi veloce ed a tratti meccanico. Alla batteria troviamo James Gadson (già con gli Isley Brothers e con i The Carpets) oltre che accompagnatore di gente come Herbie Hancock, Marvin Gaye o Ray Charles. Il basso è quello di un altro colosso, David Shields (Patty Labelle, Bloodstone, Karen Pree, The Blackbyrds ecc..), ma tutti i componenti sono dei musicisti affermatissimi che in questo lavoro trovano una combina meravigliosa della quale si occupa la Chocolate City, sublabel della Casablanca che da Los Angeles contribuiva a scrivere pagine di storia della musica dance.
L’album non è difficilissimo da recuperare e mostra un ventaglio molto ben distribuito di stili che non disdegnano pacate atmosfere Soul come in Try A Little Tenderness o nella conclusiva Once Again In My Life, o galattiche escursioni funk come nel caso della bellissima Arrogant Lady.
Menzione a parte per Dr. Do It Good pubblicato anche come singolo, una progressione nella quale tastiere, basso, chitarra, voce, archi e massiccio uso dell’effetto wah wah scrivono un grande brano funk dal groove esplosivo. Da collezionare.