Brano isolato nella discografia dei Double, ma autentico capolavoro che giunge ai nostri giorni intatto nella sua mistica bellezza.
Era il 1984 quando Felix Haug e Kurt Maloo, due musicisti svizzeri, pubblicarono questo singolo per la svedese Metronome, seguito poi l’anno successivo dall’album di debutto intitolato Blue nel quale lo stesso è contenuto ma in una versione ridotta.
Il brano è un mostro deep che cavalca un po tutto l’immaginario ’80 posizionandosi in una linea di confine tra synth pop e new wave con un’anima melodica che è uno di quei fiori che escono fuori una volta sola in una carriera.
Basso paradisiaco, rinforzi di chitarra, batteria elettronica con la cassa profondissima e questo cantato maschile che ha uno strano approccio melodico, quasi distaccato ma nella sua distanza trova un equilibrio che nello specifico significa immortalità.
La versatilità della produzione fa il che il pezzo possa esser inserito nei set più disparati, da quelli di marca techno a quelli deep house senza disdegnare generi più vicini come la disco o l’italo disco. Immaginatelo in un tramonto balearico…
Nel singolo, come da usanza del tempo, sono inserite una vocal ed una instrumental version. Sinceramente sono entrambe strepitose, anche se per chi scrive la vocal version sul lato A riesce a far comprendere a tutto tondo tanto il particolare periodo storico quanto la bravura nell’organizzare un brano che faccio fatica a non definire come classico. Ballano anche i sassi. Nel 2004 il norvegese Todd Terjie ne farà un re-edit che come tutti i re-edit può esser bellamente evitato.