C’era una volta un gruppo di scalatori intenzionati a scoprire la vetta più alta del mondo. Dopo aver lasciato Parigi, a bordo di un barca chiamata Impossibile, gli esploratori raggiunsero l’Isola del Monte Analogo, una sorta di continente a sé, con una popolazione internazionale dai strani costumi e una difficile montagna da scalare. Affrontata l’ascensione, il gruppo riuscì ad arrivare al campo base prima di perdersi in una specie di regno franco dell’analogia, dove non c’era niente che poteva dirsi vero o falso e dove contava, più di ogni altra cosa, rivolgere lo sguardo dentro sé stessi.
La suggestiva trama de “Il Monte Analogo. Romanzo d’avventure alpine non euclidee e simbolicamente autentiche” (1952) di René Daumal prende le mosse dal percorso di vita dello stesso suo autore, poeta, studioso del sanscrito e della filosofia indù e, soprattutto, allievo di Alexandre Gustav Salzmann, uno dei discepoli più stretti di Georges Ivanovič Gurdjieff. Il mistico era solito predicare che la vita è spesso vissuta come veglia apparente prossima al sonno che, se trasceso previo isolamento, può condurre a uno stato superiore di vitalità e consapevolezza.
Il testo dello scrittore francese, pubblicato postumo, è intriso di esoterismo, al cui fascino non hanno saputo resistere neppure Raul Lovisoni e Francesco Messina, autori del pionieristico “Prati Bagnati Del Monte Analogo” (1979), prodotto da Franco Battiato, altrettanto ispirato dal maestro armeno per il suo “L’Egitto Prima Delle Sabbie” (1978). Lo split album fu uno degli ultimi lavori pubblicati dalla Cramps Records di Gianni Sassi, il cui catalogo aveva preso il via con la pietra miliare del prog rock tricolore “Arbeit Macht Frei” (1973) degli Area di Demetrio Stratos.
Ristampato con cura da Die Schactel, label attenta nel riportare in auge “Antico Adagio” (2014) di Lino Capra Vaccina, “Prati Bagnati Del Monte Analogo” (2013) appartiene di diritto a quella categoria di dischi da riscoprire, espressi nel pieno di una temperie di illusioni per un futuro migliore e capaci di sprigionare nell’aere note portatrici di quiete, tra pattern ripetitivi e voragini atmosferiche. Dalla fine degli anni Settanta in poi, i suoi creatori hanno sì intrapreso carriere differenti, tra musica e politica, ma consegnato lo stesso ai posteri una via d’ascolto per elevarsi.
Sul lato A, Prati Bagnati Del Monte Analogo di Francesco Messina è un capolavoro dalla durata pari a ventitré minuti e venticinque secondi. La pienezza dei sintetizzatori, la delicatezza del piano di Michele Fedrigotti, voci in lontananza e inganni del vocoder. Un’improvvisa melodia fa capolino poco oltre la metà della traccia. Sempre più forte e intensa, come luce in fondo al tunnel dei sogni, o sospirato raggiungimento della vetta del monte immaginario. Divenuta un tutt’uno con il suono portante, la melodia sfuma delicatamente al tremolio dei sintetizzatori fino a svanire del tutto.
Sul lato B, Hula Om scalda il cuore con l’arpa in primo piano: è un crescendo rilassante elaborato da Raul Lovisoni ed eseguito da Patti Tassini. La stridente Amon Ra, invece, si presta a una sperimentazione maggiore, tra la nasale voce di Juri Camisasca e il ricorso al glasspiel, ovvero una serie di bicchieri di cristallo fatti risuonare dalle dita dello stesso compositore. Il sincretismo religioso del nome – Amon Ra era dio egizia nata dalla fusione delle divinità Ra di Eliopoli e Amon di Tebe – si traduce così in nel definitivo invito a raccogliersi con sé stessi. Come un eterno loop.