Il successo nel mondo del cinema non è mai stato abbastanza. La ricerca sonora rimane una spinta irrefrenabile. Nel corso di una lunghissima carriera, Ennio Morricone non si è mai accontentato di essere soltanto il nume tutelare della musica per film bianca, rossa e verde. I suoi trascorsi con il Gruppo D’Improvvisazione Nuova Consonanza testimoniano una fervida attività anche in studio, scevra dall’essere necessariamente sovrapposta allo scorrere di immagini.
Oltre la cinepresa, distante dai bagliori di Cinecittà e di Hollywood, il compositore romano si spesso è cimentato in proprio con creazioni astratte. Library music di notevole qualità, insieme di esperimenti già portati all’attenzione del grande pubblico per i primi lavori di Elio Petri e Dario Argento, o preludi a un’altra esplorazione in note da compiere, stavolta verso la cosiddetta ‘musica assoluta’, maggiormente praticata a partire dalla fine degli anni Ottanta in poi.
È la discografia ‘altra’ di Ennio Morricone, riservata forse all’ascolto di pochi tra amanti e irriducibili fan, ma straordinaria per le idee trascritte sul pentagramma. Esempio macroscopico è il singolare album “Controfase” (1973), rilasciato sull’etichetta Gemelli. Registrate in un periodo alquanto prolifico per l’artista, presumibilmente tra 1970 e 1972, le sue otto tracce interpolano e ampliano tecniche compositive d’avanguardia, per momenti in bilico tra riflessione e ipnosi.
“Controfase” (2015), mai ristampato in un quarantennio, gode oggi di nuova vita grazie all’iniziativa della label australiana The Roundtable, attenta nel recuperare tesori nascosti nei cassetti di imprese come la Gemelli di Bruno Nicolai, storico direttore d’orchestra e collaboratore di Ennio Morricone. Nata a Roma alla fine degli anni Sessanta, l’etichetta divenne in breve tempo una sorta di ‘casa’ per quelle library o soundtrack rimaste ‘orfane’, ancora non pubblicate.
Nell’ambito di una discografia con oltre cinquecento titoli, “Controfase” costituisce un unicum, libero da certi formalismi per la settima arte, con il maestro chino e impegnato al tavolino della sua camera, e senza alcun metronomo o aiuto melodico, a scolpire note difficili per i suoi fidati esecutori, come gli straordinari percussionisti Egisto Macchi e Renzo Restuccia e altri musicisti provenienti dal serbatoio del Gruppo D’Improvvisazione Nuova Consonanza, qui non accreditati.
Le otto composizioni sono libere da schemi, vibranti, talvolta intrecciate l’una con l’altra, e infondono armonia a un album compatto e senza punti deboli. L’apertura del lato A è riservata all’omonima e stridente Controfase: un minuetto elegiaco si distende tra archi a grappoli e dissonanze elettroniche. Segue la cullante Tempo, una specie di ninna nanna alla deriva per infondere vibrazioni positive, dominata dalla relazione triadica fra arpa, clavicembalo e organo.
Soli, invece, appartiene al repertorio del ‘fumoso’ sound riservato ai gialli-thriller dell’epoca, con in evidenza il basso elettrico e i vocalizzi di Edda Dell’Orso, soprano con un’estensione di tre ottave, consacratasi con lo score de “Il Buono, Il Brutto, Il Cattivo” (1966), il capolavoro di Sergio Leone. Un brano tormentato, con strumenti in crescendo durante il canto di una delle ‘sirene’ della musica italiana. Infine, l’avvolgente Come Sommarsi, un’elegia per arpa e Roland Space Echo.
Il duetto tra Walter Brachi al VCS3, il primo sintetizzatore analogico ‘portatile’ disponibile in commercio, e un triste violino annuncia l’inizio del lato B. Ferma Opposizione appare obliqua nel suo incedere orchestrale, mentre Follia è l’ennesima messa in pratica delle trovate rivoluzionarie dell’ensemble Gruppo D’Improvvisazione Nuova Consonanza, risolte in un’atmosfera dominata da piccoli gesti e rumori, tra il pianoforte preparato e la tromba suonata dallo stesso Ennio Morricone.
Se Degenerazione segna un prepotente ritorno dell’elettronica, con bordate di onde sinistre, la chiusura affidata a Eclissi Seconda sembra assumere i tratti di un’improvvisazione ma, in realtà, ogni elemento è al suo posto, matematicamente calcolato. Brevi e rotondi gli assoli per un ultimo saggio di bravura. La stessa di The Roundtable, giunta dai confini del mondo per celebrare un disco dimenticato da molti, finalmente uscito dal cassetto e dai ‘most wanted’ dei collezionisti.