- ITALIANO
- ENGLISH VERSION
Amour, Imagination, Rêve. Tre parole francesi compongono uno degli acronimi più famosi di sempre della storia della musica, cioè AIR. Sin dagli esordi, il duo di Versailles, composto da Jean-Benoît Dunckel e Nicolas Godin, ha trasformato in musica i concetti propri del loro nickname, l’amore, l’immaginazione e il sogno. Elementi propri anche della loro prima colonna sonora.
“The Virgin Suicides” (2000), realizzata per il quasi omonimo film “Il Giardino Delle Vergini Suicide” (1999) di Sofia Coppola, rappresenta uno dei punti più alti della carriera degli artisti francesi, nonostante fosse soltanto il loro terzo album in un triennio, da reinterpretare, a distanza di tre lustri, come un personale, e forse nostalgico, sigillo impresso sulla musica del ventesimo secolo.
Dopo aver composto le musiche per “The Virgin Suicides”, tutto è cambiato. Prima la gente pensava che fossimo ‘spazzatura bianca’, ma quando ha ascoltato la soundtrack, così magica, abbiamo acquisito maggiore considerazione. Ciò è dovuto al fatto sia che la band è stata associata al nome ‘Coppola’ che alla cultura cinematografica della Francia (J. B. Dunckel).
Affatto casuale la scelta dei due ex studenti di matematica e architettura di fare buon uso di apparecchiature vintage per riportare in auge un sound volutamente retrò e di facile ascolto ma, oltre l’apparenza, anche complesso nelle sue stratificazioni. In un sol colpo gli AIR hanno recuperare e reinterpretato generi quali chill-out, disco, exotica, lounge, coniugarli con gusto.
Gli strumenti tradizionali – chitarre acustiche, sassofoni, sintetizzatori, violini e vocoder – sono stati perciò affiancati dagli ultimi ritrovati della tecnologia, senza però increspare la qualità loro brani, resi ancora più onirici e assolutamente slegati dalla realtà sonora di fine anni Novanta. Sotto contratto con la Virgin, il duo pubblica uno straordinario album d’esordio, “Moon Safari” (1998).
Un milione di copie dopo, la psichedelia non si è esaurita. In anticipo sul nuovo millennio, gli AIR – trasformatisi in esponenti ‘colti’ del French Touch accanto i Daft Punk – pubblicano “Premiers Symptomes” (1999), raccolta di precedenti singoli e bonus track di matrice ambient e, poi, accettano l’incarico affidatogli dalla figlia di Francis Ford Coppola, al debutto dietro la cinepresa.
Tratto dal romanzo di Jeffrey Eugenides (1993), basato su una storia realmente accaduta, il film racconta in fotogrammi le vicende di cinque affascinanti ragazze, le sorelle Lisbon, ingabbiate dai limiti di un’età compresa tra i 13 e i 17 anni e prigioniere dell’ossessiva madre, per uno spaccato di una Detroit borghese, oltremodo perbenista e religiosa, nel pieno di un fermento culturale.
Abbiamo incontrato Sofia Coppola quando uscì “Moon Safari” e ci parlò della pellicola e di come intendeva musicarla. Così abbiamo prima letto il libro, ed era davvero oscuro, poi composto la musica. La regista ci inviò una videocassetta del girato e ci sembrò altrettanto buio. Eppure quando ho visto il montaggio finale del film, l’ho trovato più leggero (N. Godin).
“Il Giardino Delle Vergini Suicide”, ambientato nel 1974, descrive un’adolescenza tanto soffocata sul piano sessuale quanto soffocante perché vissuta nella periferia-tipo degli Stati Uniti. Il suicidio collettivo delle giovani diviene, quindi, la definitiva e violenta risposta ai continui impedimenti orditi dai genitori per evitare loro qualsiasi tipo di rapporto con rappresentanti dell’altro sesso.
Primo capitolo di una trilogia sui differenti gradi di solitudine delle donne – i cui successivi episodi “Lost In Translation” (2003) e “Marie Antoniette” (2006) saranno altrettanto fortunati al botteghino – la pellicola deve, però, parte della sua carica evocativa alla simbiosi tra immagini e musica. Dalla loro sovrapposizione emerge un mix di sentimenti contrastanti, tra angoscia e desiderio.
“The Dark Side Of Moon Safari”. Jean-Benoît Dunckel e Nicolas Godin hanno definito così la soundtrack, intrisa di atmosfere prog e continue reminiscenze alle ardite sperimentazioni dei primi Pink Floyd. Un progetto affatto minore, ma organico, ugualmente ‘lunare’ e accompagnato da una sezione ritmica in carne e ossa, con Brian Reitzell, già consulente musicale del film, alla batteria.
Mi ricordo che quando guardai “The Virgin Suicides” al cinema, mi sentii in trappola. La centralità della colonna sonora ruota attorno al fascino della morte, alla sensazione, da morti, di avvertire il proprio spirito galleggiare e su come si possa improvvisamente provare un senso di libertà dalla Terra, da tutto ciò che si è e dall’odiato mondo degli adulti (J. B. Dunckel).
Il lato A prende il via con l’unica traccia cantata, la sinuosa ballata Playground Love, supportata dalla voce di Gordon Tracks, un autentico outsider, e impreziosita dagli assoli di Hugo Ferran al sassofono. All’unica divagazione pop, divenuta poi sottofondo anche dello spot di una nota marca di jeans, fa da contraltare Clouds Up, che emerge da una coltre di nebbia.
Se Bathroom Girl ha un incedere decisamente rock, Cemetary Party impone un deciso rallentamento all’ascolto. È un sordo battito meccanico a scandirne il tempo. Impercettibili note d’organo e un coro di eteree voci femminili ne completano la cornice. Echi e presagi funerei si concentrano e si addensano anche nella successiva Dark Messages. Regna la malinconia.
La batteria e il basso di The Word ‘Hurricane’ come una mano tesa che attende di essere stretta. Una voce fuori campo spiega il perché del titolo e ha inizio una piccola tempesta, prima di un’altrettanto rapida caduta in picchiata. La cavalcata Dirty Trip rappresenta, invece, un’anomalia solo per la durata di sei minuti ma non si distacca dal copione, con ripetuti sali-e-scendi sonori.
Quando ci ritrovammo a registrare le percussioni e alcuni dei brani principali, sono stato male e ho avuto una terribile febbre, anche a quaranta durante tutta la settimana in cui eravamo impegnati in studio. In tutta onestà, credo che la febbre sia confluita nella musica. Il mio corpo era caldo e tutto è successo parecchio in fretta (J. B. Dunckel).
Sul lato B, High School Lover (Theme From The Virgin Suicides) recupera l’impalcatura strumentale del primo brano, privo di alcuna componente vocale. Tra archi e deviazioni Moog scorre placida Afternoon Sister. Dopodiché, con Ghost Song subentra la vera paura: il ruggito del sintetizzatore si combina alla freddezza della chitarra, preannunciando un epilogo tragico.
Alla scheggia impazzita Empty House si contrappone Dead Bodies, un crescendo di percussioni nell’occhio del ciclone di sintetizzatori. La voce processata al computer di Suicide Underground l’epitaffio per l’ultima mesta sinfonia di una capolavoro d’artigianato. Quindici anni dopo, la soundtrack “The Virgin Suicides”, ristampata ancora in vinile (2015), non ha smarrito una goccia del suo smalto kitsch.
Ho odiato essere adolescente. È stato un periodo davvero orribile, e anche se ho avuto buoni amici, sono felice di non esserlo più. Da ragazzo, non è possibile uscire con tutte le ragazze che ti piacciono della tua classe, perché preferiscono uomini più grandi. Personalmente, ho aggiunto ciò alla colonna sonora, questa idea di non essere amati a sufficienza. (N. Godin)
Amour, Imagination, Rêve. Three French words make up one of the most popular acronyms ever in the history of music, that is AIR. Since its inception, the duo of Versailles, consisting of Jean-Benoît Dunckel and Nicolas Godin, has turned into music its own concepts of their nickname, love, imagination and dream. Common elements also of their first soundtrack.
“The Virgin Suicides” (2000), created for the almost eponymous film “The Virgin Suicides” (1999) by Sofia Coppola, is one of the highest points of the career of the French artists, although it was only their third album in three years, to be reinterpreted, in the three quinquenniums later, as a personal, and perhaps nostalgic, seal impressed on the twentieth-century music.
After composing the music for “The Virgin Suicides”, everything changed. Before people thought we were ‘white trash’, but when they listened to the soundtrack, so magical, we gained more attention. This is due to the fact that the band has been both associated with ‘Coppola’ name and with the film culture of France (J. B. Dunckel).
Not at all accidental the choice of the two former mathematics and architecture students to make good use of vintage equipments to revive a deliberately retro and easy listening sound but, beyond appearances, even complex in its layers. At a stroke, AIR have recovered and reinterpreted genres such as chill-out, disco, exotica, lounge, combining them with taste.
Traditional instruments – acoustic guitars, saxophones, synthesizers, violins and vocoder – were therefore accompanied by the latest technology, but did not ruffle the quality of their songs, made even more dreamlike and utterly disconnected from the sound reality of the late Nineties. Under contract with Virgin, the duo released an extraordinary debut album, “Moon Safari” (1998).
A million copies later, psychedelia has not run out. In advance to the new millennium, AIR – turned into members ‘caught’ of the French Touch next to Daft Punk – publish “Premiers Symptomes” (1999), a collection of previous ambient single and bonus track and, then, accepted the charge entrusted by the daughter of Francis Ford Coppola, at the debut behind the movie camera.
Based on the novel by Jeffrey Eugenides (1993), with true events, the film tells the story in frames of five charming girls, the Lisbon sisters, trapped by the limits of an age between thirtheen and seventeen years old and prisoners of an obsessive mother, for a glimpse of a Detroit middle-class, extremely respectable and religious, in the middle of a cultural ferment.
We met Sofia Coppola when “Moon Safari” came out and she spoke to us about the film and how he intended sound it. So we first read the book, and it was really dark, then we composed the music. The director sent us a video of the shot and it seemed equally dark. Yet when I saw the final cut of the film, I found it lighter (N. Godin).
“The Virgin Suicides”, set in 1974, describes an adolescence so sexually choked as stuffy because lived in the suburban-type of the United States. The collective suicide of the young becomes, therefore, the final and violent response to the continuous impediments warped by parents to avoid them any kind of relationship with the opposite sex representatives.
The first chapter of a trilogy on the different degrees of loneliness of women – whose later episodes such as “Lost In Translation” (2003) and “Marie Antoinette” (2006) will be so lucky at the box office – the film paid, however, part of its evocative charge to the symbiosis between images and music. By their overlapping emerges a mix of conflicting feelings, including anxiety and desire.
“The Dark Side Of Moon Safari”. Jean-Benoît Dunckel and Nicolas Godin have defined the soundtrack in this way, full of prog atmospheres and constant reminders to the daring experiments of early Pink Floyd. Not at all a smaller project, but organic, equally ‘lunar’ and accompanied by a human rhythm section, with Brian Reitzell, former music consultant of the movie, at the drums.
I remember that when I saw “The Virgin Suicides” at the cinema, I felt trapped. The centrality of the soundtrack revolves around the fascination of death, the feeling, when you’re dead, to warn his own spirit floated and how suddenly you can feel a sense of freedom from the Earth, from all that you are and the hated world of adults (J.B. Dunckel).
Side A kicks off with the only sung track, the sinuous ballad named Playground Love, supported by the voice of Gordon Tracks, a true outsider, and embellished by Hugo Ferran solos on saxophone. The only pop digression, which later became the background also of the spot of a famous brand of jeans, is in contrast with Clouds Up, emerging from a blanket of fog.
If Bathroom Girl has a decidedly rock gait, Cemetary Party imposes a marked slowdown through the listening. It is a dull mechanical beat to set up time. Imperceptible organ notes and a chorus of ethereal female vocals complete its frame. Funeral echoes and premonitions are concentrated and also thicken into the next Dark Messages. Melancholy reigns.
The drums and bass of The Word ‘Hurricane’ like a hand held out waiting to be close. A voiceover explains why the meaning of the title and then starts a small storm, before another equally rapid fall dive. The ride Dirty Trip is, however, an anomaly only for the duration of six minutes, but does not depart from the script, with repeated ups and downs sound.
When we found ourselves recording drums and some of the main songs, I was sick and I had a terrible fever, even forty throughout the week in which we were engaged in the study. In all honesty, I think the fever is merged into the music. My body was hot and it all happened quite quickly (J. B. Dunckel).
On side B, High School Lover (Theme From The Virgin Suicides) retrieves the instrumental framework of the first track, without any vocal component. Between strings and Moog deviations flows placid Afternoon Sister. Then, with Ghost Song takes over the real fear: the roar of the synthesizer is combined with the coldness of the guitar, announcing a tragic epilogue.
The loose cannon Empty House is opposed to Dead Bodies, a crescendo of percussions in the thick of synthesizers. The computer voice of Suicide Underground the epitaph for the last mournful symphony of a craft masterpiece. Fifteen years later, the soundtrack of “The Virgin Suicides”, finally repressed on vinyl (2015), has not lost a drop of its kitsch enamel.
I hated being a teenager. It was a really horrible time, and although I had good friends, I’m glad to no longer be so. As a boy, you can not go out with all the girls that you like in your class, because they prefer older men. Personally, I have added to the soundtrack, this idea of not being loved enough. (N. Godin)