Dalle Ande alle Alpi. Per inseguire il proprio sogno artistico, Jaime Mirtenbaum Zenamon ha viaggiato a lungo e sempre in compagnia della sua chitarra. Il compositore, nato in Bolivia e ora residente in Brasile, è stato allievo del virtuoso uruguayano Abel Carvelaro, ha studiato composizione tra Italia, Israele, Spagna, Portogallo e, una volta in Germania, ha perfezionato poco alla volta uno stile semplice, intriso di una certa nostalgia, ma estremamente efficace.
Studente giramondo, insegnante presso l’Hochschule der Künste di Berlino, dopodiché libero professionista. Jaime Mirtenbaum Zenamon ha vissuto più vite e realizzato diverse opere per chitarra e altri strumenti, destinate a ensemble da camera od orchestre. Una versatilità riflessa anche nelle sue composizioni, segnate da ritmi e armonie poco convenzionali nel quadro della musica per chitarra contemporanea. Inevitabile il richiamo alla tradizione popolare sudamericana.
Per poterlo riscoprire al meglio è intervenuto Janis Nowacki, costantemente impegnato in opere di salvaguardia sonora. La sua Private Records ha riportato in auge “Zenamon” (2015), il primo lavoro del chitarrista sudamericano, pubblicato dalla Polydor trentuno anni fa. L’album, allora ottimo debutto per una carriera affatto sotto i riflettori, è stato ristampato in una doppia versione, standard e collector package, quest’ultima contenente ritagli di giornale, poster, adesivi e un 12” bonus.
Registrato presso lo studio di Christopher Franke, storico membro del trio Tangerine Dream, “Zenamon” si pone come contenitore di diverse influenze, mediate dai contributi di Udo Hanten degli YOU ai sintetizzatori e di Nandu Muley al santoor di antichissima memoria, strumento le cui corde sono percosse da una bacchetta a forma di cucchiaino. Se fraseggi world music ed esoterismi new age si fondono e si confondono nella prima parte del disco, la seconda è di stampo kraut.
La delicatezza dell’opener Xingu e il coro di The Perverted Times Of Baroque. Il calore degli accordi di chitarra, i flauti, le tastiere. Effetti speciali in rassegna per celebrare la fine degli anni Settanta. Una nenia dal retroterra andino, He’s Coming, accompagnata dal vocoder in sottofondo, prepara l’ascoltatore alla deriva interplanetaria. Apparecchiature elettroniche, strumenti acustici. Con Skylife subentrano le prime percussioni, in The Real Pink, più sinuosa, gli archi.
Una sorta di notturno al chiaro luna, Hot Wine, scopre la vena più romantica in note. Una piccola parentesi prima della sperimentale Nandu che apre, invece, il terzo occhio o le porte della percezione. Riaffiorano ricordi in apparenza persi nel Mediterraneo. L’eclettismo è alla base del connubio tra Oriente e Occidente, con la lunga traccia pronta a rallentare la sua andatura solo impattando contro una nuvola atmosferica. Infine, Oh Nandu, What We’Ve Done, l’ultima onda cosmica.