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L’inizio della fine, o soltanto un sogno premonitore. Durante la fase finale della guerra fredda, e prima che il mondo conoscesse gli orrori del disastro di Chernobyl, un artificio cinematografico ha tradotto in immagini le più fantasiose paure di una generazione. “Incubo Sulla Città Contaminata” (1980), diretto da Umberto Lenzi e fortemente snobbato dai critici tricolore di allora, è oggi un vero e proprio classico della celluloide di seconda fascia.
L’idea di partenza del film è stata, a dir poco, originale: il giornalista televisivo Dean Miller (Hugo Stiglitz) deve recarsi all’aeroporto per intervistare un noto scienziato al centro di un caso di cronaca. L’impianto nucleare da lui stesso progettato ha subito grosse perdite di materiali radioattivi e c’è incertezza sulle conseguenze dell’accaduto. Mentre attende il suo interlocutore, il protagonista assiste incredulo al rapido precipitare degli eventi.
L’aereo su cui viaggia lo scienziato è costretto a un atterraggio d’emergenza. La zona circostante la pista è prontamente presidiata da militari. Lo stallo dura altrettanti pochi fotogrammi, perché un’orda di uomini dai volti sfigurati fuoriesce dal portellone del velivolo. La loro ferocia è inaudita, si avventano e uccidono senza pietà chiunque si trovi nel loro raggio d’azione. E, soprattutto, alla stregua di nuovi cannibali, prendono a morsi gli aggrediti.
Le cause delle orripilanti mutazioni e violente pulsioni sono da ricercare nell’esposizione da parte di alcuni individui, i primi untori di un potenziale contagio globale, alle radiazioni provenienti dalla centrale atomica. Le stesse hanno, inoltre, impoverito il loro sangue, diminuendo il numero di globuli rossi presenti. Una simile carenza li spinge così a una disperata ricerca di plasma fresco per poter sopravvivere. Le persone assalite divengono, poi, nuovi mostri.
Con un morso, i malati trasmettono i loro disturbi al prossimo. Per evitare il panico, derivante dalla mole di contagiati, le autorità governative decidono di non divulgare notizie, limitandosi a proclamare uno stato di coprifuoco generale, da porte e finestre sbarrate, in attesa di un pericolo ignoto, ma che si dilaga ormai a macchia d’olio. Gli uomini dal volto sfigurato sono, poi, anche incredibilmente agili, forti e capaci di maneggiare armi di ogni genere e di escogitare trappole.
La città viene presto invasa, l’esercito appare impreparato, gruppi di mostri mettono sotto scacco sia villette di periferia che la sede della televisione dove lavora lo stesso Dean Miller che, costretto a difendersi con ogni mezzo, fugge in campagna con sua moglie Ann (Laura Trotter). Rifugiatisi all’interno uno spettrale luna-park, i due sono soccorsi dall’elicottero del maggiore Warren Holmes (Francisco Rabal). La donna non riesce, però, a salire a bordo e cade dalle montagne russe.
Il giornalista si sveglia urlando nel letto di casa nel momento in cui il corpo della moglie viene straziato dai supporti della giostra. Il brutto sogno, forse, termina qui. È mattina e ha da realizzare un’intervista con un importante scienziato in arrivo, così si dirige all’aeroporto. Il déjà-vu è pressoché totale, l’intera sequenza iniziale viene così riproposta sino alla fuoriuscita dei contaminati dall’aeroplano, a cui si sovrappone l’inquietante scritta “… e l’incubo diviene realtà”.
Una criptica frase per uno degli horror artigianali più splatter mai girati da un italiano. “Incubo Sulla Città Contaminata” è perfettamente collocabile sia tra i sanguinosi del filone zombie, inaugurato da “Zombi 2″ (1979) di Lucio Fulci, che tra gli apocalittici a sfondo fantascientifico al pari, per esempio, di “Contamination” (1980) di Luigi Cozzi o “Apocalypse Domani” (1980) di Antonio Margheriti. Umberto Lenzi, però, ha da sempre abituato gli spettatori a metterci del suo.
L’esperienza con “Il Paese Del Sesso Selvaggio” (1972), preludio ad altri cannibalici come “Mangiati Vivi!” (1980), e la lunga stagione del poliziottesco definiscono le basi di “Incubo Sulla Città Contaminata”, perché non mancano né accettate, bastonate, coltellate – senza dimenticare la testa di Sheila (Maria Rosaria Omaggio), ormai contaminata, fatta saltare in aria da un colpo di fucile – né l’impatto o la velocità dell’azione, precludendo i dialoghi, abbastanza scontati.
Così come i paragoni con il successivo “28 Giorni Dopo” (2002), diretto da Danny Boyle, già dietro la cinepresa per “Trainspotting” (1996). La sceneggiatura di Alex Garland presenta punti di contatto con la pellicola di Umberto Lenzi come, ad esempio, il diffondersi della piaga attraverso il morso e, soprattutto, l’incredibile dinamicità dei contagiati. Netta, poi, una differenza oggettiva: non sono state le radiazioni a renderli feroci, ma un virus modificato della rabbia.
Il cinema di Umberto Lenzi è caratterizzato, inoltre, sia dallo spontaneismo degli attori che da lunghi piani sequenza, a favore di un continuo paradosso della finzione, svincolata da artifici. Il suo canone filmico è volutamente crudo e truculento, due tratti che hanno entusiasmato Quentin Tarantino, che ha voluto Hugo Stiglitz in “Bastardi Senza Gloria” (2009), e Robert Rodriguez, dato che i contaminati di “Grindhouse – Planet Terror” (2007) somigliano a quelli del regista toscano.
La passione dei due cineasti per “Incubo Sulla Città Contaminata”, un quadro apocalittico di grande atmosfera, deriva dal fatto che la pellicola, distribuita come “Nightmare City” o “City Of The Walking Dead”, fu un piccolo caso negli Stati Uniti. Un successo maturato nonostante si trattasse di un film a basso costo, girato tre settimane a Roma e cinque tra Madrid e Saragozza con attori non di primo piano, eccetto Mel Ferrer, e denso di stilemi da film zombie, oggi divenuti assai ricorrenti.
Ad esempio, la polemica contro le manovre dei militari, intenzionati segretare l’incidente alla centrale nucleare, o la testa dei mostri come loro punto debole a cui mirare. La colonna sonora di Stelvio Cipriani è, invece, un altro dei mirabili punti di forza di “Incubo Sulla Città Contaminata” e segna una pausa del duraturo rapporto tra Umberto Lenzi e il compositore Franco Micalizzi, ripreso in “Caccia Allo Scorpione D’Oro” (1991) dopo la proficua stagione dei poliziotteschi.
La soundtrack appartiene, poi, a quelle annoverabili nella discografia parallela dei Goblin, spesso esecutori per differenti autori. La band, dopo la dipartita di Claudio Simonetti e Massimo Morante, si era ridotta a tre membri, cioè i punti fermi Fabio Pignatelli al basso e Agostino Marangolo alla batteria, più il rientrante Maurizio Guarini alle tastiere. La loro professionalità fu tale che registrarono lo score presso gli Studi Trafalgar di Roma durante una sola giornata di incisioni.
Era il 30 luglio 1980. Il trio, accompagnato da Gaetano Ria come tecnico del suono, registrò poco meno di un’ora di musica, rilasciata, però, solo in minima parte su Cinevox (1980) a ridosso dell’uscita del film. Diciassette anni dopo la selezione dei dieci brani da parte dell’etichetta romana fu, poi, la tedesca Lucertola Media a pubblicare una più ricca e completa tracklist (1997), per una durata totale di quarantotto minuti di musica spalmati su trentasei brani in cd, con annessi take alternativi.
“Incubo Sulla Città Contaminata (Original Motion Picture Soundtrack In Full Stereo)” (2013) è, infine, l’edizione definitiva dell’interessante lavoro di Stelvio Cipriani, pubblicato in cd dall’abruzzese Digitmovies, su licenza Cinevox. Ventotto i brani recuperati anche dai master tape originali, conservati per fortuna in ottime condizioni negli archivi, che, oltre all’album iniziale, hanno permesso di restaurare complessivamente il suono e aggiungere altri sette minuti di musica.
Una colonna sonora perfetta per descrivere inseguimenti, paure e violenze, con temi elettronici e funk, che si collocano in assoluta sinergia con i fotogrammi di Umberto Lenzi, stranamente visionate da circa settemila spettatori nei cinema di prima visione di quattro città capozona in Italia. Sintetizzatore, batteria e basso sono i tre strumenti ricorrenti nella maggioranza delle composizioni di Stelvio Cipriani, dominate di solito dal ricorso a più complesse orchestrazioni.
Il misterioso score di “Incubo Sulla Città Contaminata” prende il via lentamente con L’Attesa, lo splendido tema principale dall’ossessivo ritmo di basso e batteria, segnato dal minaccioso sintetizzatore in sottofondo e altri interventi di vibrafono e sassofono. Segue la sospesa Metropolis, una rielaborazione della title-track di “Mark Colpisce Ancora” (1976) dello stesso Stelvio Cipriani, che commenta le stragi compiute dagli uomini dal volto sfigurato.
Poche note, stacchi e ripartenze in Agguato, mentre Incubo, una versione più veloce del tema principale, si caratterizza per l’angosciante arpeggio di chitarra elettrica, un segmento sonoro ripreso in seguito per commentare le varie apparizioni dei contaminati. Sorprende il funk di Sustain, un tema secondario, allegro e spensierato, utilizzato per il balletto negli studi dell’emittente televisiva dove lavora Dean Miller, preludio all’unica traccia cantata dall’ampio respiro internazionale.
I’ll Find My Way To You si connota per il grande ritmo disco, il testo di Hal Sharper e la voce di Grace Jones, la stessa che dodici mesi dopo avrebbe pubblicato un classico come “Nightclubbing” (1981) su Island Records. In realtà, non si tratta di un inedito della cantante di origini giamaicane, perché già presente all’interno della colonna sonora di “Quelli Della Calibro 38” (1976), film di Massimo Dallamano, l’ultimo prima della sua morte, con musiche dello stesso Stelvio Cipriani.
Dal groove alla pelle d’oca, il passo è breve: Una Notte Pericolosa, con gli archi e il vibrafono al centro della composizione, e Una Città Deserta, scandita dalla batteria e dal basso, sono tra i migliori risultati della trasposizione in note della partitura consegnata ai tre Goblin, abili nel tratteggiare quell’atmosfera di tensione latente. La successiva Solitudine punta, invece, su malinconia e romanticismo con l’intervento dell’organo, simile a quello del tema portante.
Masquerade, scatenato excursus disco dominato dal sassofono, chiude in bellezza il lotto di tracce della sopracitata prima stampa in vinile per Cinevox. Il lavoro della Digitmovies comincia, infatti, con alternate take quali Incubo (Pericolo Notturno), una versione alternativa più vibrante, la stessa Masquerade (Filodiffusione), dalla durata più breve, la strisciante Solitudine (Tristezza) e la sempre gioiosa Sustain (Breve Allegria). Notevole il lavoro per Una Città Deserta (Virus Mortale).
La batteria e i sintetizzatori generatori di inquietudini. Dopodiché, trenta secondi di leggerezza con Masquerade (Bossa Radio) e la scala di suoni e fruscii di L’Attesa (Radiazioni Atomiche). Una Città Deserta (Ombre Nel Buio) la miccia per far esplodere la scomposizione del tema principale: Incubo (Contaminazione 1), Incubo (Contaminazione 2), Incubo (Contaminazione 3). Nota di merito per la seguente Una Notte Pericolosa (Trappole) tra colpi e rintocchi di vibrafono.
Solitudine (Dolce Ricordo) è tutta in salita, spogliata del suo romanticismo e carica di suspense. Tra Incubo (Contaminazione 4), Incubo (Contaminazione 5), Incubo (Contaminazione 6) sono, infine, incastonate L’Attesa (Voci Infernali), sostenuta da basso e percussioni mentre gli altri suoni sono a basso volume, e la cupa Solitudine (Tensione E Paura). Una delle ultime partiture di Stelvio Cipriani per il cinema dei ‘mondi neri’ è, dunque, da ascoltare anche oltre le immagini.
The beginning of the end, or a premonitory dream. During the final phase of the Cold War, and before the world knew the horrors of the Chernobyl disaster, a cinematic artifice has translated into images the most creative fears of a generation. “Nightmare City” (1980), directed by Umberto Lenzi and strongly snubbed by Italian critics, has become a real second tier celluloid classic.
The initial idea of the film was, to say the least, original: the television journalist Dean Miller (Hugo Stiglitz) must go to the airport to interview a well-known scientist in the middle of a local case. The nuclear plant he designed has suffered big losses of radioactive materials and there is uncertainty about the consequences of the incident. While waiting for his interlocutor, the protagonist assists in disbelief to the rapid precipitation of events.
The plane on which travels the scientist is forced to make an emergency landing. The area surrounding the trail is readily manned by the military. The stall lasts only few frames, because a horde of men with disfigured faces flows out of the aircraft door. Their ferocity is unprecedented, they mercilessly swoop and kill anyone within their operative range. And, above all, like new cannibals, they bite those attacked people.
The causes of the horrifying mutations and violent impulses are to be found in the exposition by some individuals, the first spreaders of a potential global contagion, to radiations from the nuclear plant. The same have also depleted their blood, decreasing the number of present red blood cells. A similar shortage pushes them to a desperate search for fresh plasma in order to survive. The assaulted people become, then, new monsters.
With a bite, sufferers report their ailments to the next. To avoid panic, caused by the amount of infected, government authorities decide not to divulge information, but to proclaim a state of general curfew, with barred doors and windows, waiting for an unknown danger, but it is now spreading like wild fire. Men with disfigured faces are also incredibly agile, strong and capable of wielding weapons of every kind and to devise traps.
The town is soon invaded, the army appears unprepared, monster groups put in check both suburban houses that the television headquarters where works the same Dean Miller who, forced to defend himself with any means, flees to the countryside with his wife Ann (Laura Trotter). They took refuge inside a ghostly amusement park, where the two are rescued by Major Warren Holmes (Francisco Rabal) on the helicopter. She fails, however, to get on board and fell from a roller coaster.
The reporter wakes up screaming in bed at home when his wife’s body is torn from the supports of the carousel. The bad dream, perhaps, ends here. It is morning and he has to conduct an interview with a leading scientist on the way, so goes the airport. The déjà-vu is almost total, the entire opening sequence is thus revived until the leakage of contaminated from the airplane, which is overlapped to the ominous words “… and the nightmare becomes reality”.
A cryptic phrase for one of the most craft splatter horror ever made by an Italian. “Nightmare City” is perfectly to be place both among the bloodiest of the zombie genre, pioneered by “Zombi 2” (1979) by Lucio Fulci, that among the background science fiction apocalyptic like, for example, of “Contamination” (1980) by Luigi Cozzi or “Cannibal Apocalypse” (1980) by Antonio Margheriti. Umberto Lenzi, however, has always used the audience to do his best.
Experience with “Man From The Deep River” (1972), a prelude to other cannibalistic as “Eaten Alive!” (1980), and the long season of poliziottesco lay the foundations of “Nightmare City” because it lacks neither accepted, beatings, stabbings – not to mention the head of Sheila (Maria Rosaria Omaggio), now contaminated, blown up by a rifle shot – nor the impact or the speed of the action, precluding dialogue, quite obvious.
As well as comparisons with the next “28 Days Later” (2002), directed by Danny Boyle, already behind the camera for “Trainspotting” (1996). The screenplay by Alex Garland has points of contact with the Umberto Lenzi’s movie as, for example, the spread of the plague through the bites and especially the incredible dynamism of those infected. Net, then, is an objective difference: there were no radiations to make them fierce, but a modified rabies virus.
Umberto Lenzi’s cinema is also characterized by both the spontaneity of the actors and long shots, in favor of a continuing paradox of fiction, free from artifice. His filmic canon is deliberately raw and truculent, two traits that impressed Quentin Tarantino, who wanted Hugo Stiglitz in his “Inglourious Basterds” (2009), and Robert Rodriguez, as the contaminated of “Grindhouse – Planet Terror” (2007 ) resemble those of the Tuscan director.
The passion of the two filmmakers for “Nightmare City”, an apocalyptic picture of great atmosphere, comes from the fact that the film, distributed as “Incubo Sulla Città Contaminata” or “City Of The Walking Dead”, was a small case in the United States. A success achieved even though it was a low budget film, shot three weeks in Rome and five between Madrid and Zaragoza with not prominent actors, except Mel Ferrer, and full of zombies movies stylistic, become quite recurring today.
For example, the polemic against the maneuvers of the military, willing to hide the accident at the nuclear power plant, or the head of monsters as their weak point to hit. The soundtrack by Stelvio Cipriani, however, is another of the admirable strengths of “Nightmare City” and marks a pause in the lasting relationship between Umberto Lenzi and the composer Franco Micalizzi, taken in “Hunt For The Golden Scorpio” (1991) after the successful season of poliziottesco movies.
The soundtrack belongs, then, to those of Goblin parallel discography, often performers for different authors. The band, after the departure of Claudio Simonetti and Massimo Morante, was reduced to three members, that is, the fixed points Fabio Pignatelli on bass and Agostino Marangolo on drums, plus the returning Maurizio Guarini on keyboards. Their professionalism was such that they recorded the score at the Trafalgar Studios in Rome during a single day of sound recordings.
It was 30 July 1980. The trio, accompanied by Gaetano Ria as a sound engineer, recorded just under an hour of music, released, however, only a small part on Cinevox (1980), near the film’s release. Seventeen years after the selection of ten songs by Roman label was, then, the German Lucertola Media to publish a richer and more complete tracklist (1997), for a total duration of forty minutes of music with thirty-six songs in CD, plus annexes alternative takes.
“Incubo Sulla Città Contaminata (Original Motion Picture Soundtrack In Full Stereo)” (2013), finally, is the definitive edition of the interesting Stelvio Cipriani’s work, published on cd by Italian Digitmovies on Cinevox license. Twenty-eight tracks also retrieved from the original master tape, fortunately preserved in excellent condition in the archives, which, besides the initial album, have allowed a total sound restoring and add another seven minutes of music.
A perfect soundtrack to describe chases, fears and violence, with electronic and funk themes, which are set in complete synergy with the frames of Umberto Lenzi, oddly viewed by about seven thousand spectators in first release cinemas of four main cities in Italy. Synthesizer, drums and bass are the three recurring instruments in most of the Stelvio Cipriani’s compositions, usually dominated by the use of more complex orchestrations.
The mysterious score of “Nightmare City” kicks off slowly with L’Attesa, the beautiful main theme of obsessive bass and drums rhythm, marked by the menacing synthesizer in the background and other vibraphone and saxophone interventions. Then follows the suspended Metropolis, a reworking of the title-track of “Mark Strikes Again” (1976) of the same Stelvio Cipriani, which comments the massacres committed by men with disfigured faces.
Few notes, deadlifts and restarts in Agguato while Incubo, a faster version of the main theme, is characterized by distressing electric guitar arpeggio, a sound segment later resumed to comment the various appearances of contaminated people. Surprising the funk of Sustain, a secondary theme, happy and carefree, used for the ballet in the broadcaster’s studios where works Dean Miller, a prelude to the only broad international perspective sung track sung.
I’ll Find My Way To You is characterized by the great disco beat, Hal Sharper‘s lyrics and Grace Jones‘ voice, the same that twelve months later published a classic like “Nightclubbing” (1981) on Island Records. In fact, it is not an original track by the Jamaican origin singer, because it already exists in the soundtrack of “Colt 38 Special Squad” (1976), Massimo Dallamano‘s film, the last before his death, with music by the same Stelvio Cipriani.
From the groove to the goose bumps, the distance is short: Una Notte Pericolosa, with strings and vibraphone at the center of the composition, and Città Deserta, marked by the drum and the bass, are among the best score transposition in notes results given to the three Goblin, skilled to depict the atmosphere of latent tension. The next Solitudine tips, instead, on melancholy and romance with the intervention of the organ, similar to that of the main theme.
Masquerade, wild excursus dominated by saxophone, ends happily tracks lot of the aforementioned first vinyl print on Cinevox. The work of Digitmovies begins, in fact, with other takes such Incubo (Pericolo Notturno), a more vibrant alternative version, the same Masquerade (Filodiffusione), marked by a shortest duration, the creeping Solitudine (Tristezza) and always joyful Sustain (Breve Allegria). Then subline work for Una Città Deserta (Virus Mortale).
Drums and synthesizers like generators of anxieties. Then, thirty seconds of weightlessness with Masquerade (Bossa Radio) and the scale of sounds and rustlings of L’Attesa (Radiazioni Atomiche). Una Città Deserta (Ombre Nel Buio) the fuse to blow up the main theme decomposition: Incubo (Contaminazione 1), Incubo (Contaminazione 2), Incubo (Contaminazione 3). Merit note for the following Una Notte Pericolosa (Trappole) between vibraphone shots and strokes.
Solitudine (Dolce Ricordo) is all uphill, stripped of its romance and full of suspense. Between Incubo (Contaminazione 4), Incubo (Contaminazione 5), Incubo (Contaminazione 6) are, finally, set L’Attesa (Voci Infernali), backed by bass and percussions while other sounds are at low volume, and the dark Solitudine (Tensione E Paura). One of the latest Stelvio Cipriani’s scores for the cinema of the ‘blacks worlds’ is, therefore, also to listen over the images.