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Esasperazione visiva ai limiti dell’hard. Il pessimismo e la violenza. Un giallo crudele, o vero e proprio film di cesura tra due decenni: gli oscuri Settanta e i rampanti Ottanta. “The New York Ripper” (1982) di Lucio Fulci è un episodio quasi senza precedenti nell’arco di una lunghissima carriera dietro la cinepresa, interrottasi il 13 marzo del 1996 con la morte del regista romano.
Nella Grande Mela si aggira un serial killer che uccide a colpi di rasoio donne di qualsiasi estrazione sociale. Il folle non esita neppure a sfidare la polizia, denunciando i suoi delitti imitando a telefono la voce di Paperino. Il tenente Fred Williams fatica a seguire la scia di sangue ed efferate mutilazioni. I sospetti lo conducono a Mikos Scellenda, un greco dalla mano monca di due dita.
È, invece, lo psichiatra Paul Davis a scoprire un dettaglio non indifferente sulla vita di Peter Bunch, il fidanzato di Fay Majors, scampata in precedenza alla furia dell’assassino. L’uomo ha figlia nata da un precedente matrimonio che si trova in ospedale perché affetta da una rara malattia alle ossa e riceve spesso chiamate da un familiare che imita la voce di un noto personaggio dei cartoni animati.
Una storia apparentemente semplice, scritta da Gianfranco Clerici e Vincenzo Mannino con lo zampino di Dardano Sacchetti, ma tanto vibrante quanto scioccante, segnata da numerose sequenze fin troppo sopra le righe, affiancate anche da un pugno di auto-citazioni tratte dal fortunato “Zombi 2” (1979), come la mano mozzata mostrata nell’incipit o l’occhio estirpato con una lametta da barba.
Dalla deriva gore all’indole voyeur, il passo è breve, perché ogni omicidio è ripreso in primo piano, con dovizia di particolari. I corpi femminili sono, infatti, violati, lacerati, o lentamente squarciati. L’atmosfera è morbosa, la fotografia plumbea. Lucio Fulci esprimeva in questo modo la brutalità della vita nel cuore della metropoli, mettendo in guardia gli spettatori dai suoi potenziali pericoli.
L’assassino sembra mimetizzarsi tra i suoi stessi grattacieli. Rigetta l’appartenenza alla società che non si prende cura di lui, né dei deboli o dei diversi. Il male può trionfare sulla perfetta incarnazione filmica dell’edonismo degli anni ‘di plastica’. Affatto casuale che la circostanza che i vari personaggi, già carichi di un certo fardello drammatico, abbiano i rispettivi scheletri nell’armadio.
Sono tutti afflitti da problemi di natura esistenziale e sessuale. Il poliziotto frequenta una prostituta. Lo psicologo nasconde la sua omosessualità. C’è chi si abbandona al piacere perverso e chi a ogni sostanza illecita. L’anormalità si riduce a una torbida consuetudine. Un motivo in più per ritenere “The New York Ripper” un cult estremo da rivalutare alla luce degli orrori del nuovo secolo.
Così come la colonna sonora: una straordinaria prova di Francesco De Masi, una vita dedicata alla musica tra direzioni d’orchestra e collaborazioni con i conservatori di Roma e di Napoli. Scomparso nel 2005, il maestro è stato uno dei più prolifici autori per western, abile nello scegliere una strada alternativa a quella tracciata da Ennio Morricone, innovando i temi delle partiture con stilemi pop.
Trent’anni dopo la prima stampa, a cura della Beat Records Company, lo score “The New York Ripper” (2013) è tornato a circolare in vinile grazie alla Death Waltz Recording Company. Un modo migliore per apprezzare il jazz di Francesco De Masi, scorporato stavolta dalla partitura di “Una Tomba Aperta… Una Bara Vuota” di Piero Piccioni, comprese nell’edizione cd (2002).
Il lato A prende il via con il tema portante della pellicola, intitolato New York… One More Day, semplicemente indimenticabile già dopo un primo ascolto, introdotto dalla batteria e supportato subito dopo da accordi di chitarra e note di organo. Ne deriva un ritmo rock tanto sincopato quanto notturno che, nel corso di dodici tracce complessive, sarà più volte ripreso con varianti ad hoc.
Dapprima in New York… One Night, meno sospesa e arricchita da più assoli e fiati, e poi in coda, con l’omonima New York… One More Day, dal basso slappato. Phone Call è, invece, misteriosa, ma il suo incedere atmosferico conosce una netta ripartenza con chitarra elettrica, flauto, sassofono riverberato e vibrafono a seguito della piccola pausa di metà traccia.
Se la cupa e tesa The Ripper appare altrettanto utile a commentare il clima fumoso della città statunitense, sorprende la tropicale Puertorico Club quale esplosione di colori e percussioni a ritmo di samba, alternate a cori e assoli di sassofono. Eppure, l’autentica gemma brilla in apertura del lato B: Fay. Un dolce e commovente crescendo di toni che, forse, vale da solo l’intero prezzo del disco.
È straordinaria la resa sonora derivante dall’incontro tra l’armonica di Franco De Gemini, soprannominato ‘harmonica man’ per le tre note contenute in “C’Era Una Volta Il West” (1968) di Ennio Morricone, e la tromba di Oscar Valdambrini. Due dei migliori musicisti allora in circolazione, spesso co-artefici dei successi altrui, suggellano così un duetto da pelle d’oca.
Dopodiché, tre segmenti dissonanti. Nell’ordine, Where Is The Ripper?, con ripresa del tema principale, Suspense And Murder, carica di echi e tensioni, e Waiting For The Killer, scandita dal sassofono e da leggeri colpi di batteria. Ritorna il buio che fa smarrire, o cala il sipario ultimo. Sul cinema di Lucio Fulci e sull’opera tradizionale di Francesco De Masi, attratto dall’elettronica.
Visual exasperation to the hard limits. Pessimism and violence. A cruel giallo, or real break between two decades of movies: the obscure seventies and the rampant eighties. “The New York Ripper” (1982) by Lucio Fulci is an episode almost unprecedented in the space of a long career behind the camera, stopped on March 13th 1996 with the death of the Roman director.
A serial killer terrifies the Big Apple killing women from all kind of social background with razor strokes. The man does not hesitate to defy the police, denouncing his crimes imitating Donald Duck voice. Lieutenant Fred Williams struggled to follow the trail of blood and brutal mutilation. The suspicions led him to Mikos Scellenda, a greek with an hand maimed by two fingers.
It is, however, the psychiatrist Paul Davis to discover a not indifferent detail about the life of Peter Bunch, the boyfriend of Fay Majors, escaped from killer’s fury. The man has a daughter from a previous marriage who is now in hospital because suffering from a rare bone disease and often receives calls from a family member that imitates the voice of a famous cartoon character.
A seemingly simple story, written by Gianfranco Clerici and Vincenzo Mannino with the help of Dardano Sacchetti, but as vibrant as shocking, marked by numerous sequences above the lines, also flanked by a handful of self-quotations from past lucky movie named “Zombi 2” (1979), as the severed hand shown in the incipit or the eye extirpated with a razor blade.
From gore drift to voyeur character, the distance is short, because every murder is taken up in the foreground, in great detail. Female bodies are, in fact, violated, torn, or slowly ripped. The atmosphere is morbid, the photography leaden. Lucio Fulci expressed in this way the brutality of life in the heart of the metropolis, warning viewers from its potential dangers.
The murderess seems to blend in with its own skyscrapers. Rejects his membership to the society that does not take care of him, nor of the weak or different ones. Evil can triumph over the perfect filmic embodiment of ‘plastic’ years hedonism. Not random the fact that the characters, already weighted with some dramatic burden, have their own skeletons in the closet.
They are all plagued with existential and sexual problems. The policeman attends a prostitute. The psychologist hides his homosexuality. There are those who abandon themselves to perverse pleasures and who enjoy any illicit substance. The abnormality is reduced to a muddy habit. One more reason to believe that “The New York Ripper” is an extreme cult to be reassessed in the light of the new century horrors.
As well as the soundtrack: an extraordinary display of Francesco De Masi, a life dedicated to music between orchestra directions and collaborations with conservatories in Rome and Naples. Died in 2005, the maestro was one of the most prolific authors for westerns, careful to select an alternative route to that masterfully outlined by Ennio Morricone, innovating the themes with pop inserts.
Thirty years after score first release, by legendary Beat Records Company, “The New York Ripper” (2013) score is back on vinyl thanks to the good work of Death Waltz Recording Company. A better opportunity to appreciate Francesco De Masi’s jazz, this time separated from the score of “Una Tomba Aperta… Una Bara Vuota” by Piero Piccioni, included in another cd edition (2002).
Side A kicks off with the main theme of the film, entitled New York… One More Day, simply unforgettable already after a first listen, introduced and supported by the battery soon followed by guitar chords and notes organ. Then comes a rock rhythm as well syncopated as nocture which, during a total of twelve tracks, will be more times resumed with ad-hoc variants.
First in New York… One Night, less suspended and enriched with more solos and horns, and then in the queue, with the eponymous New York… One More Day, characterized by the singular bass sound. Phone Call is, however, mysterious, but its atmospheric gait knows a net restart with electric guitar, flute, saxophone and vibraphone reverberated after the small break of half track .
If the grim and tense The Ripper appears equally useful to comment the smoky climate of the US city, surprises tropical Puertorico Club as an explosion of color and samba rhythm percussion, alternating choruses and saxophone solos. Yet, the true gem shines at the opening of the B side: Fay. A sweet and moving crescendo of tones that, perhaps, is worth the entire price of the record.
It is amazing the sound output resulting from the meeting between the harmonica of Franco De Gemini, nicknamed ‘harmonica man’ for the three notes in “Once Upon A Time In The West” (1968) by Ennio Morricone, and trumpet of Oscar Valdambrini. Two of the best musicians then in circulation, often co-creators of the success of others, seal in this manner a creepy duet.
After that, three dissonant segments. In the order, Where Is The Ripper?, another reprise of the main theme, Suspense And Murder, charged of echoes and tensions, and Waiting For The Killer, punctuated by the saxophone and light drum hits. Darkness returns, or the final curtain falls. On Lucio Fulci’s cinema and traditional work of Francesco De Masi, attracted by electronic tunes.