I New Musik sono una band inglese capitanata da Tony Mansfield (membro tra l’altro della formazione disco-funk Nick Straker Band) che tra il 1977 ed il 1982 danno vita a tre album e ad un consistente numero di Ep dove la cifra melodica del pop andava ad unirsi alle nuove stravaganti possibilità dell’elettronica in quell’ibrido denominato synth-pop che poi, durante la gran parte degli ’80 ha creato tanti mostri ma anche alcune cose squisite, specialmente quando questo era direzionato su linee dark-wave.
Nel 1981 però accadde qualcosa, nascosta nella b-side di un singolo intitolato The Planet Doesn’t Mind, pubblicato sia come 7 che come 12 pollici dalla GTO (gruppo Sony music) c’è un brano singolare, 24 Hours From Culture – Part 2, singolare perché diverso dal suono espresso dalle loro precedenti produzioni, ed anche perché ha una dinamica nuova. Il ritmo è basico, un 4/4 lento e costante. Si alza un pad di quelli enormi, è melodioso, romantico, abbraccia quella visione gotica del synth-pop ma è al contempo più spirituale.
Chicago sta per far decollare il genere che avrebbe poi cambiato il mondo della dance ed il termine House music fa quasi venire i brividi a pensarci adesso, ma si, le coordinate sono proprio quelle di un primordiale brano deep house. La genuinità poi si può comprendere dalla durata, tre minuti e trentotto secondi, un flash, un incrocio casuale(?) di suoni che solo oggi possiamo ricondurre a qualcosa di concreto, ma che nella fattispecie non era assolutamente parte di qualcosa che voleva essere House.
Nel 1989, in Belgio, Jacky Meurisse e Bruno Van Garsse (due giganti della scena new-beat-techno) pubblicano una cover del pezzo con uno pseudonimo creato ad hoc: Twice Of Love, che però, bagnato da quelle grasse ed acide vibrazioni perde molto dell’originale mood.
Il disco è comunque apprezzatissimo e tuttora incluso nelle playlist di genere.
L’originale meriterebbe una ristampa con extended version annessa, per il momento buona caccia, con la speranza di ascoltarlo in qualche audace set di qualità, come quelli che era solito suonare il compianto Marco Trani e dentro i quali era facile ascoltare il brano.