Se dovessi individuare la nazione europea che più di tutte ha sperimentato negli anni ’70 con la musica elettronica, senza dubbio indicherei la Francia. Poi se dovessi restringere il campo, andando ad evidenziare degli artisti che si siano impersonificati in più entità, interpretando sempre al meglio la parte, i nomi a brillare sarebbero certamente quelli di Jean Pierre Bernard Massiera e Sauveur Mallia.
In questa particolare occasione ci occuperemo del primo dei due, Massiera, uno sregolato artista che
durante tutti gli anni ’70 ha scritto, suonato e diretto un infinità di dischi accumunati dal magico suono dei sintetizzatori. Mini Moog ed ARP Odissey su tutti.
Il timbro musicale di Massiera è qualcosa che ha poi cambiato la vita a schiere di produttori che partendo dalle sue sperimentazioni hanno navigato lo spazio evolvendo quelle intuizioni che ritroviamo nei nostri giorni nella cultura nu-disco, cosmic ed electro.
Per intenderci, sono suoi progetti come Venus Gang, Visitors, Herman’s Rocket, Human Egg e questo Charlie Mike Serra, con il quale l’uomo ha pubblicato uno straordinario album dal titolo On The Moon.
Certamente le avventure spaziali dell’Apollo 13 hanno contribuito non poco ad indirizzare la creatività di alcuni musicisti verso la composizione di colonne sonore che potessero in qualche modo farci intraprendere dei viaggi mentali per così dire dedicati, favoriti senz’altro dal suono dei sintetizzatori, che ben si presta ad offrire le frequenze giuste per l’avventura. E questo disco di Massiera è proprio una di quelle comete che viaggiano nello spazio e nel tempo senza mai scalfire la loro lucentezza.
Sono cinque i brani, aperti da una religiosa intro dal titolo “Venus”, quasi un solfeggio delicato che sembra prepararci alla partenza creando la giusta, malinconica ambientazione.
Poi ci ritroviamo subito catapultati nello spazio più buio con “Battle Of The Stars”, spinosa track space disco con cassa regolare e synth tenebrosi a sugellare una marcia che scorre incontrastata verso l’ignoto.
“Lunar Orbital” prosegue sulla stessa scia, mantenendo inalterata la programmazione ritmica e giocando con le melodie, che partendo ad un incipit disco diventano materia sintetica per astronauti.
“On The Moon” è il fiore all’occhiello del lavoro, sette minuti di disco spaziale ai massimi livelli, con un formidabile giro di basso a tracciare funkeggianti scie ondulate tra le stelle, archi sintetici ed acidi accordi di chitarra. Se qualcuno è stato presente in una pista da ballo di quegli anni ascoltando il brano in questione, ha tutta la mia invidia.
“Mars” è il ritorno sulla terra, con la sua imponente scrittura di organo ed archi segna un disperato ritorno alla realtà, ed è così che, tristi, riportiamo la puntina al primo solco.